La forza e l’eleganza dei vini dell’Etna a Beviamoci Sud


All'interno di Beviamoci Sud 2023, il grande Festival dei vini del Sud Italia organizzato da Riserva Grande con il supporto e la consulenza di Luciano Pignataro ed Andrea Petrini (che ringrazio per l'invito) e svoltosi quest'anno presso il Grand Hotel Palatino a Roma dal 6 all’8 Maggio, dato il consueto poco tempo a disposizione ho pensato – decisamente bene visti i risultati – di focalizzare la mia attenzione sull'Etna e sui suoi vini, vista la contemporanea presenza di diversi produttori, alcuni all'interno dello stand del Consorzio di Tutela, altri con stand loro dedicati.

Motivo di questa mia scelta è stata dovuta in parte al fatto che con gli altri territori presenti all'evento ho modo di confrontarmi con frequenza decisamente superiore, dall'altra perché nonostante alcuni sporadici assaggi sentivo – e sento tuttora – l’esigenza ed il desiderio di approfondire un territorio dal gran potenziale e ricco di sfumature ma che per una serie di ragioni (in primis di distanza geografica) faccio fatica a degustare con costanza e soprattutto profondità.

La scelta - come accennavo prima - ha decisamente pagato, sia perché ho potuto chiarirmi le idee su una serie di aspetti geologici/geografici (ad esempio il fatto che parliamo di terreni “vivi” ed in continuo cambiamento, dato che l’Etna è uno dei vulcani con maggiore attività eruttiva al mondo) oltre che legislativi che caratterizzano i vini etnei ma anche perché il livello medio delle etichette mi ha sorpreso, finendo con l'andare anche oltre le mie già elevate aspettative.

Vini estremamente territoriali, in cui la matrice vulcanico/minerale tipica dei suoli alle pendici al Mungibeddu (anche chiamata ‘a Muntagna) emerge in maniera trasversale, a prescindere dalla tipologia e dal versante di provenienza, ma al tempo stesso in cui l'aspetto geografico/territoriale e – in alcuni casi – la filosofia e la mano del produttore producono differenze anche sostanziali, per di più amplificati dalla variabile annata, che in questo contesto (così come in tutti quelli vocati ed in cui la tecnica produttiva non prevale sul territorio e sui suoi caratteri) delinea ulteriori punti di specificità.

Sempre però rimanendo in un ambito in cui la sapienza enologica ha salde basi ma che al tempo stesso finisce - come nei migliori esempi - per esaltare i caratteri del terroir e le sue differenze interne anziché deprimerli, come invece accade spesso in zone in cui risulta così invadente al punto da prevaricare varietalità e specificità, o peggio ancora quanto si riscontra in aree in cui - al contrario - l'assenza di solide basi tecniche produce vini difettati ed omologati, che solo alcuni talebani del vino si ostinano a ritenere sinonimo di originalità, genuinità e tradizione.

 

Entrando un po’ più nello specifico, gli assaggi hanno sostanzialmente confermato l’idea che mi ero fatto studiando il territorio “sulla carta” e durante i miei precedenti approcci ai vini di questo territorio, ossia:

-      Il versante Nord (quello di più solida tradizione vitivinicola oltre che caratterizzato da pendenze più docili e da un clima relativamente più rigido) si è distinto per i rossi, dal profilo elegante e quasi mai eccessivi, mentre i bianchi – seppur ben eseguiti e coerenti al territorio – mi sono apparsi un po’ più a corto di struttura

-      Il versante Est (caratterizzato da terreni decisamente ripidi e quindi generalmente terrazzati, oltre che battuto dai venti marini ed a maggiore piovosità) si è distinto per i suoi bianchi, mediamente una spanna sopra gli altri specie per struttura e profondità, mentre i rossi sono quelli che probabilmente mi hanno impressionato meno

-      Il versante Sud-Est (in cui la presenza mitigatrice mare si sente ma senza “generare” la piovosità del versante est, oltre che caratterizzato da numerosi coni eruttivi spenti, specie nei vigneti ad alta quota) si è distinto maggiormente per i rossi, dal carattere spiccatamente sapido/marino ma al tempo stesso di bella struttura tannica, ma anche alcuni bianchi – giocati più sull’eleganza che sulla forza propulsiva – non mi sono affatto dispiaciuti

-      Il versante Sud-Ovest (caratterizzato da temperature ed esposizioni medie più alte, minori precipitazioni ma al tempo stesse maggiori escursioni termiche giornaliere) si è caratterizzato per rossi maggiormente strutturati ma anche per tannini a volte eccessivi ed un filo rustici, mentre i bianchi, sulla falsariga dei rossi hanno mostrato un corpo di tutto rispetto ma con alcuni squilibri alcolici. Di questo versante ho poi assaggiato un rosato davvero particolare ed interessante, ma una rondine non fa primavera quindi evito fare considerazioni generali su una tipologia che non amo particolarmente ma che, così su due piedi, mi sembra possa trovare qui sull’Etna uno dei suoi terroir di eccellenza.

Di seguito trovate il dettaglio dei miei assaggi e delle aziende con cui ho avuto occasione (e piacere) di confrontarmi e che mi hanno maggiormente colpito.

 

7) MECORI

Contrada Muganazzi – Sollicchiata (Castiglione di Sicilia) – VERSANTE NORD

Una sola etichetta (Duo Etna Rosso Contrada Muganazzi), con una produzione annua che si attesta intorno alle 7000 bottiglie. Vigneti con oltre 80 anni di età, caratterizzati da terreni derivanti da eruzioni vulcaniche antiche, con presenza di sabbia ed importante profondità, oltre che ricchissime di sostanze organiche. Vinificazione ed affinamento (di dieci mesi) solo in acciaio. Vini molto territoriali ed impronta data dall'annata evidentissima. Tra le due annate presenti in degustazione – 2020 e 2021 – ho preferito la seconda (90+/100), classico blend Nerello Mascalese-Nerello Cappuccio in rapporto 85/15, estremamente balsamica ed elegante nel profilo e verticale ma di eccellente beva al palato. Una realtà giovane che non conoscevo ma che ritengo valga la pena di scoprire.

 

 

6)SORELLE ZUMBO

Contrada Santo Spirito – Passopisciaro (Castiglione di Sicilia) – VERSANTE NORD

Vigneti a Castiglione di Sicilia, ad un’altezza di circa 700/750 metri. Diverse le etichette proposte, ma anche in tal caso i due rossi avevano qualcosa in più rispetto agli altri vini. Il Contrada Santo Spirito Sannedda 2019 (91/100), affinato per circa 16 mesi in botti di rovere francese, è decisamente molto balsamico al naso, oltre che giocato su note fumé e minerali. Coerente in bocca, dove si mostra verticale, sapido e dal tannino importante ma cesellato, nonostante l'evidente giovane età. Il Contrada Trimarchisa Manata 2017, affinato per 12 mesi in acciaio, al contrario dell’altro ed in coerenza alla presenza di una quota parte di argilla nel terreno (oltre che dell’affinamento) ha una matrice decisamente più fruttata e terrosa, seppur con un'impronta minerale di fondo. Aspetto presente anche in bocca, dove ad una maggiore ampiezza fa da contraltare una componente alcolica e soprattutto tannica un filo più sgraziata.

 

 

5)FISCHETTI

Contrada Muscamento – Castiglione di Sicilia – VERSANTE NORD

Vigneti posti a circa 650 m.sl.m, dell’estensione complessiva di circa 3 ettari e con età media delle vigne intorno agli 80 anni. Produzione complessiva di poco inferiore alle 10000 bottiglie/anno. All’interno della batteria proposta in degustazione ho apprezzato maggiormente il Rosso, che affina per 36 mesi in botti di rovere e che nell’occasione era presente in tre annate. 2012 molto particolare, dallo spessore tannico allucinante nonostante l'età ma al tempo stesso dal naso piacevole seppur marcato da note di frutta matura derivanti dall'annata calda. 2014 – la mia preferita (91+/100) più sottile ma decisamente più elegante e classico, dal tannino levigato e dall'equilibrio già risolto, persistente nel suo finale in cui ritornano le spezie ed una leggera matrice minerale. 2015 sulla falsariga del 2012, anche se con uno spessore leggermente inferiore.

 

 

4)BARONE BENEVENTANO DELLA CORTE

Zafferana Etnea – VERSANTE SUD/EST

Azienda molto piccola e di recente costituzione, ma che sulla base di quello che ho assaggiato nell’occasione mi sembra già sulla strada giusta. Due i vigneti, dell’estensione complessiva di poco più di un ettaro, il primo in contrada San Giovannello (a 650 m. di altezza), il secondo – più alto di quota (circa 800 m.s.l.m.) in contrada Carpene. Attuale produzione annua che si attesta intorno alle 3500 bottiglie. Rosato – da Nerello Mascalese in purezza – di impressionante acidità e mineralità, al punto che potrebbe essere benissimo usato come base spumante (e mi sembra di aver capito sia questa la direzione che l’azienda vorrebbe prendere). Bianco ben fatto ma abbastanza canonico. Rosso 2018 – classico blend Nerello Mascalese-Nerello Cappuccio in rapporto 80/20 ed affinato per 12 mesi in legno – convincente ed estremamente elegante (92/100), dal naso che riporta alla Borgogna nei suoi toni fumé, di frutti rossi e con delicati rimandi speziati. Bocca coerente, di media ampiezza, forse non deflagrante ma decisamente armonica e caratterizzata da un allungo degno di nota.

 

 

3)TRAVAGLIANTI

Contrada Cavaliere – Santa Maria di Licodia - VERSANTE SUD/OVEST

10000 bottiglie da 3 ettari di vigneto, caratterizzato in alcune sue parti anche dalla presenza di viti centenarie a piede franco. Rosato 2020 (92+/100) da Nerello Mascalese in purezza a dir poco sorprendente, davvero particolare oltre che di valore, bianco per il carattere minerale (con in più un inusuale ma al tempo stesso affascinante impronta esotica) ma rosso per corpo e trama tannica leggera ma presente e levigata. Un rosso con i profumi del bianco, o forse un bianco con la struttura ed il carattere del rosso, a voi la scelta. Altri vini assolutamente ben fatti e coerenti ai caratteri del terroir e delle relative annate, ma dopo quel rosato fare meglio non era certo cosa semplice. Menzione extra per le etichette, artistiche e molto belle.

 

 

2)TENUTE DEI CICLOPI

Passopisciaro (Castiglione di Sicilia) – VERSANTE NORD

Vigneti posti nei comuni di Castiglione di Sicilia e Randazzo, oltre che di Milo (nel versante Est, in cui viene prodotto l’Etna Bianco Superiore), in alcuni casi anche oltre quota 900 m.s.l.m. e con presenza di viti pre-philloxera. Produzione complessiva che si attesta intorno alle 20000 bottiglie/anno. Vini fatti estremamente bene, tutti rispettosi dei caratteri del territorio ma al tempo stesso legati ai caratteri dell'annata. Menzione particolare al Rosso 2020 (92+/100), affinato per 12 mesi in acciaio e parte in legno che nonostante l'annata calda mostra un bel profilo complesso, in cui alle classiche note minerali e di zolfo (in sottofondo) si mescolano degli aspetti floreali e fruttati di arancia sanguinella. Bocca coerente, elegante e ben equilibrata, dal tannino piacevolissimo e succoso.

 

 

1)CANTINE DI NESSUNO

Trecastagni – VERSANTE SUD-EST

Vigneti posti nei comuni di Trecastagni e Milo, dell’estensione complessiva di circa 7 ettari e che guardano direttamente il mare, posti ad un’altezza compresa tra i 700 ed i 900 metri di altezza, su terreni vulcanici sabbiosi, particolarmente drenanti e ricchissimi di minerali a reazione subacida. Produzione complessiva variabile, a seconda delle annate, dalle 20000 alle 30000 bottiglie. Qualità media degli assaggi altissima, oggettivamente una spanna sopra tutti gli altri.  Milus Etna Bianco Superiore 2020 (94/100) a dir poco straordinario, giovanissimo nonostante i tre anni, impattante e super minerale al naso, lunghissimo e potente, quasi deflagrante in bocca. Milice Etna Bianco 2018 (93/100) elegantissimo, grasso ma affumicato, in degustazione secca probabilmente perde dal Milus ma compete sull'allungo e prevale sull’altro per precisione ed armonia. Milice Etna Rosso 2017 (92+/100) anch’esso eccellente, stratificato e saporito, ma dopo i bianchi impressionarmi era quasi impossibile. Azienda di cui avevo sentito parlare molto bene ma che – in onestà – non mi attendevo su questo livello, soprattutto in termini di persistenza e progressione, aspetti che forse più di ogni altro segnano la linea di demarcazione tra i vini buoni/ottimi e quelli di livello superiore.

 

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