Brunello 2018, piacevolezza e linearità al potere

 

Si è appena concluso Benvenuto Brunello 2022, confermato nella collocazione temporale di metà Novembre (quindi oltre un mese in anticipo rispetto all’uscita delle nuove annate) e quindi nei fatti un’anteprima piuttosto che una valutazione – seppur precoce – di vini già in commercio.

Un evento molto atteso e di cui hanno parlato – e stanno tuttora parlando – un po’ tutti gli addetti ai lavori in ambito vitivinicolo, a cui ho avuto il piacere di essere accreditato ed a cui ho partecipato (anche in questa occasione) con estremo piacere e curiosità.

 

IMPRESSIONI GENERALI SULL’EVENTO

Mi sembra doveroso iniziare con un plauso a coloro che si sono occupati dell’organizzazione e della gestione dell’evento (come sempre impeccabile) e ad un Consorzio che – senza voler apparire adulatori – è nei fatti il più coeso, attivo e considerato nel panorama vitivinicolo nazionale.

Anche perché se da oltre una settimana non c’è giornalista enologico, wine-blogger e testata di settore che non parli di Benvenuto Brunello e della vendemmia 2018 a Montalcino, qualche merito al Consorzio ed al suo lavoro non può che essere riconosciuto.

 

Unico (piccolo) neo il tempo molto limitato a disposizione per l’assaggio – quattro ore – che ha giocoforza obbligato il sottoscritto ad operare una preventiva scrematura all’interno del panel di assaggi, anche perché, anche eliminando preventivamente  Riserva, Rosso di Montalcino, Moscadello e Sant’Antimo, testare tutti i – se non ho fatto male i conti – 173 Brunello “annata” presenti in degustazione in questo lasso di tempo avrebbe significato una mirabolante media di un assaggio ogni 83 secondi, roba che neanche Flash Gordon e Usain Bolt messi insieme.

Scrematura che mi ha quindi impedito di provare aziende che conoscevo poco e che sarei stato curioso di “testare” ma che al tempo stesso mi ha permesso di sopravvivere alla sessione e tornare a casa con le mie gambe.

Oltre a ciò, una personale critica (reiterata anno dopo anno, visto che sta ormai diventando una spiacevole tendenza) ai produttori che scelgono di non partecipare all'evento, pur beneficiando inevitabilmente dell'esposizione mediatica e turistica che la manifestazione porta con sé. Anche perché – francamente – non se ne comprende il motivo, sia per quanto affermato in precedenza (ossia la presenza di un Consorzio che lavora per il bene del gruppo e non per il vantaggio dei singoli) sia in ragione del fatto che a Montalcino non mi risulta ci siano aziende (specie quelle che continuano a disertare l’evento, tutte di alto o altissimo livello), che subirebbero ripercussioni economiche "percepibili" qualora mettessero a disposizione 50 o 100 bottiglie per le varie sessioni di degustazione.

Qualcuno potrebbe obiettare che queste non partecipino poiché in disaccordo con la decisione di anticipare l’evento prima della messa in commercio delle annate, scelta commercialmente valida ma tecnicamente rischiosa, visto che espone inevitabilmente alla possibilità di avere vini da troppo poco tempo in bottiglia e quindi “meno stabili e prestanti”.

Se così fosse non ci sarebbe nulla da obiettare, a patto che le stesse aziende – coerentemente a tale decisione – evitassero di far assaggiare i propri vini prima dell’entrata in commercio, per disciplinare fissata al primo di Gennaio.

Coerenza che però non mi pare sia dimostrata nei fatti, sia per quanto riguarda gli assaggi privati organizzati per alcune guide di settore (specie straniere) che per quelli in concomitanza delle numerose visite con degustazione che le aziende si ritrovano a gestire in questi ultimi mesi dell’anno.


IMPRESSIONI SUL BRUNELLO 2018

Venendo alla mia personale valutazione dell’annata 2018, a cui il Consorzio assegnò quattro stelle (su cinque) al momento della vendemmia, che dire: naturalmente giovanissima, per certi aspetti ancora in fase embrionale e su cui – in ragione del fatto che parliamo pur sempre di un’anteprima, cosa che è bene ricordare sempre – è possibile fare niente più che previsioni, ipotesi che soltanto il tempo saprà confermare o smentire.

Qualcosa, però, si può già affermare con ragionevole certezza, a partire dal fatto che si tratta di un’annata pronta e di bella piacevolezza, sostanzialmente diversa dalle precedenti oltre che meno omogenea, soprattutto da quella che l’ha preceduta, ossia una 2017 in cui ricchezza, frutto maturo e tannini abbondanti (seppur generalmente fini ed integrati) erano i caratteri ridondanti nella quasi totalità degli assaggi.

In questa 2018, al contrario, ho generalmente trovato nasi aperti ed espressivi anche se non particolarmente complessi, e bocche agili e lineari nello sviluppo oltre che generalmente equilibrate e dai tannini già risolti anche se – quasi sempre – senza quella personalità e progressione che caratterizza il Brunello delle annate migliori.

Per quanto concerne le scelte dei produttori “ricavabili” dall’assaggio, la maggioranza tra quelli presenti in degustazione ha – giocoforza – assecondato l'annata (generalmente con i risultati sopra descritti), gli altri – probabilmente assumendosi maggiori rischi – hanno cercato di estrarne un'interpretazione più "classica", giocata su profili leggermente più profondi e maturi e sul continuo contrappunto tra acidità e tannino, in alcuni casi con risultati eccellenti, quelli che nella sostanza ho finito per preferire.

Riguardo al potenziale evolutivo dell’annata preferisco non sbilanciarmi appieno, perché è di certo vero che da un lato strutture agili e vini generalmente pronti farebbero pensare a capacità abbastanza limitate di tenuta e soprattutto evoluzione del tempo, ma dall’altro di esempi in cui annate che un po’ tutti ritenevano da lunga o lunghissima gittata (come ad esempio la 2007 ) hanno mostrato presto il “fiato corto”, al contrario di annata nate “piccole” ma poi rivelatesi autentici maratoneti, ce ne sono diversi qui a Montalcino.

Venendo al dettaglio degli assaggi e delle aziende, sempre a livello personale segnalo alcune conferme rispetto alle ultime annate (Uccelliera, Giodo, Sanlorenzo, Tiezzi), altre che in passato non mi avevano colpito ma che quest'anno mi hanno fatto decisamente ricredere (Canalicchio di Sopra, Mastrojanni), una new-entry subito al vertice (Gorelli) ed infine alcune che ho invece trovato abbastanza sottotono (Poggio di Sotto, Altesino, Lisini), non saprei se per difetto di bottiglia, per il momentaneo passaggio attraverso una fase di assestamento o per altri motivi.

Riserva 2017 non valutabile, soprattutto in considerazione del ridotto numero di aziende che hanno scelto di imbottigliarla, ma comunque, con alcune versioni più che apprezzabili (Sesti e Capanna su tutte).

 

PICCOLA CONSIDERAZIONE FINALE

Prima del dettaglio con la mia top-ten (più un bonus track) della manifestazione, chiudo con una piccola chiosa a voti e valutazioni che si sono generalmente letti online in questa settimana in conseguenza degli assaggi di Benvenuto Brunello.

A tal proposito comprendo tutto, comprendo che i produttori ilcinesi siano anno dopo anno sempre più bravi e capaci nel gestire ogni tipo di situazione “al contorno”, comprendo che ogni valutatore abbia un suo metro di giudizio ed una sua taratura, comprendo che al giorno d’oggi – in un mondo di 100 e lode, 110 con bacio accademico e chi più ne ha più ne metta – dare meno di 95 punti ad un Brunello, specie se costoso, equivale nella mente di produttori ed acquirenti a bocciarlo.

Ma se dopo aver descritto e raccontato l'annata come media – ed in alcuni casi che non condivido anche meno che media – si fanno descrizioni sperticate, oltre che si assegnano valutazioni altissime, financo che iperboliche, ad uno sterminato numero di etichette si finisce per passare da incoerenti, oltre che fuorviare i lettori.

 

 

LA MIA TOP TEN (PIU’ UN BONUS TRACK) 


10) Caprili (92/100)

Rubino/granato, mediamente intenso, denso. Naso classico, di media intensità e buona finezza, che si caratterizza per note di tabacco, terra bagnata e ciliegia matura. Bocca delicata, quasi sussurrata ma estremamente piacevole, saporita e gastronomica. Tannino leggero e già integrato. Buona persistenza, finale su note speziate e di frutta secca. Versione che probabilmente non sarà ricordata per evoluzione e tenuta nel tempo ma che ad oggi risulta estremamente godibile, una delle più pronte e precise che mi sia capitato di assaggiare in questa occasione.

 

9) Pietroso (92+/100)

Rubino, integro, compatto e consistente. Naso diretto, intenso, giovanile ma al tempo stesso deciso, a cui manca ancora un po’ di complessità, giocato su note di frutta rossa, speziate (pepe) e da rimandi minerali in sottofondo. Bocca ottima, corposa e ricca, nel solco dello stile aziendale nonostante l’annata mediamente più fresca ed esile. Buona la persistenza oltre che tutt’altro che disprezzabile la profondità e l’allungo sul finale, caratterizzato da note di frutta secca (mandorla e noce). Azienda che anche quest’anno si conferma su alti livelli, con un’interpretazione dell’annata più fiera e gagliarda rispetto alla maggioranza dei casi.

 

8) Tiezzi Vigna Soccorso (93/100)

Rubino/granato, leggermente più intenso delle attese, denso. Naso particolare, austero, fine e di bella complessità, in cui al di là dell’annata si sente la mano del produttore (Enzo Tiezzi), da decenni uno degli emblemi della classicità del Brunello. Frutta rossa matura, erbe aromatiche, sottobosco, mallo di noce, rimandi balsamici. Bocca di medio corpo, coerente, che non ammicca mai alla piacioneria ma che regala un sorso elegante e di buona progressione. Tannino leggero. Persistenza buona ma non trascendentale, finale pulito e lineare su note di frutta rossa e delicati rimandi minerali. Sempre buono, oltre che stabilmente tra i migliori nel rapporto qualità/prezzo.

 

7) Giodo (93/100)

Granato, più intenso della media, compatto e molto consistente. Naso delicato, giovanile, meno esplosivo e complesso delle attese ma comunque fine ed elegante, caratterizzato da note di ciliegia, fiori freschi e da una delicata sfumatura boisè (che ricorda il sandalo) in sottofondo. Bocca ricca, piena, magistralmente equilibrata tra freschezza, componente alcolica e tannino, anche se leggermente impersonale. Persistenza ottima, finale via via più balsamico. Etichetta sempre ottima, a conferma di un terroir ed una sapienza enologica di primissimo ordine, anche se quest’anno spacca meno di altre volte.

 

6) Ciacci Piccolomini d’Aragona Pianrosso (93/100)

Granato/aranciato, mediamente intenso, denso, dimostra qualche anno di più di quelli che effettivamente ha. Naso austero, elegante e profondo, forse meno coerente di altri ma tra i pochi che mi riporta al profilo canonico del Brunello delle “annate buone”, caratterizzato da note di tabacco, terra bagnata, cipria, eucalipto oltre che da un leggero sottofondo ferroso/minerale. Bocca ricca, coerente, elegante e cesellata, oltre che ben equilibrata in tutte le sue componenti. Persistenza molto buona, finale un filo in calando, senza la progressione che mi sarei aspettato considerate le premesse, aspetto che finisce per limitarne parzialmente il giudizio. Nonostante ciò, resta comunque un Brunello di livello.

 

5) Sanlorenzo (93+/100)

Granato integro, mediamente intenso, consistente. Naso molto bello, per alcuni aspetti diverso dallo “stile Sanlorenzo” ma decisamente fine ed elegante, oltre che coerente all’annata, giocato su note di frutta fresca, spezie orientali, eucalipto e fiori secchi. Bocca in continuità, ricca ma meno polposa di altre versioni, sapida, dinamica oltre che estremamente equilibrata e gastronomica. Persistenza molto buona, finale su note di frutta scura e tabacco dolce. Un gran bella interpretazione dell’annata, ennesima conferma della bravura di un produttore (Luciano Ciolfi) che stimo come pochi, oltre che – a mio modesto e personale giudizio – il miglior Brunello 2018 per rapporto qualità/prezzo.

 

4) Uccelliera (94/100)

Granato/aranciato, classico, denso, dà anch’esso l’idea di un Brunello con qualche anno in più sulle spalle. Naso meno intenso di altri ma fine e di bella definizione, leggiadro ma incisivo, giocato su note di tabacco, eteree e di fiori secchi. Bocca di medio corpo, sapida, non impattante ma elegante e ricca di contrasti, oltre che di non trascurabile progressione. Tannino risolto e di bella tessitura. Buona persistenza, finale lineare e ricco di sfumature, in cui si percepiscono note speziate, balsamiche e di frutta matura. Tra quelli “coerenti” all’annata la versione che ho maggiormente preferito, ad ulteriore conferma di un’azienda che anno dopo anno dimostra valore e capacità.

 

3) Gorelli (94+/100)

Granato intenso, denso, molto compatto. Naso buono ma non trascendentale, all’inizio un filo contratto, marcato da note animali e di cuoio, e che con il tempo si fa via via più intenso ed aperto, caratterizzandosi per note silvestri, arancia sanguinella ed una leggera speziatura in sottofondo. Bocca eccezionale, piena, energica, con tutte le componenti al posto giusto e dalla grana tannica che riporta al velluto. Persistenza eccellente, finale in cui torna l’arancia sanguinella insieme a delicate sfumature boisè. Trattandosi di un’etichetta al debutto (seppur Giuseppe Gorelli sia un nome importante e stimato in quel di Montalcino) mi permetto solo di dire che se il buongiorno si vede dal mattino, nei prossimi anni ne vedremo delle belle.

 

2) Mastrojanni Vigna Loreto (95/100)

Rubino/granato, meno intenso di altri ma ugualmente denso e consistente, oltre che luminoso. Naso intenso, profondo ed elegante, serioso ma affascinante, probabilmente il migliore che ho avuto modo di “ascoltare”, giocato su note balsamiche (eucalipto), spezie orientali, amarena, con delicate nuances di tabacco e liquirizia in sottofondo. Bocca coerente, ampia e corposa ma al tempo stesso ben equilibrata grazie a componenti di freschezza e sapidità assolutamente non trascurabili. Persistenza molto buona, finale pulito su note di frutta secca. Forse la versione più precisa ed accattivante tra quelle che ho avuto modo di assaggiare.


1) Canalicchio di Sopra Vigna Casaccia (95++/100)

Granato, classico, piuttosto denso. Naso intenso ed elegante, con prevalenza della componente balsamica in ingresso, a cui con il trascorrere del tempo si accompagnano note di legno nobile, cipria e frutta matura. Meno aereo e floreale di altri ma decisamente bello e profondo. Bocca eccellente, ricca e stratificata oltre che in grande spinta. Tannino ampio ma di eccellente tessitura, persistenza super, progressione finale (quasi) chilometrica da Sangiovese di razza. Una grande versione, il mio miglior assaggio, all’interno di una batteria aziendale (comprendente anche un “base” estremamente solido ed un Vigna Montosoli elegantissimo e cesellato) a dir poco sorprendente.

 

BONUS TRACK: Le Chiuse Diecianni Riserva 2013 (95/100)

Millesimo ed azienda che porto nel cuore, e di cui ricordavo una versione annata che fin dall’uscita mi aveva letteralmente folgorato, per densità, contrasti e lunghezza. Quindi grande era la curiosità riguardo questa Riserva “posticipata”. Rubino/granato, abbastanza intenso, denso e di grande limpidezza. Naso non intensissimo ma molto definito ed elegante, giocato su note di frutta rossa matura, fiori secchi, tabacco e sandalo. Bocca materica, saporita e dall’acidità ancora integra, cui non difetta certo spinta e progressione, oltre che armonia. Tannino fitto ma di pregevole fattura e ben integrato nella struttura, persistenza molto lunga, finale in cui ritornano delicati rimandi boisè ad accompagnare note di liquirizia amara. Un grande Brunello, con margini evolutivi ancora non circoscrivibili.

Commenti

  1. Curiosa sulla loro evoluzione. Articolo sempre molto dettagliato. Grazie! Bianca

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