Life of Wine 2021, appuntamento con il tempo e la sua magia



Uno degli elementi che più di ogni altro concorrono a creare intorno al vino quell’aura a metà tra il fascinoso e l’esoterico risiede nella sua capacità di evolvere del tempo.

Un’arte dalla genesi complessa oltre che imponderabile ed imprevedibile, che a volte riserva cocenti delusioni ma in alcuni casi “eletti” regala emozioni e momenti difficilmente dimenticabili.

Purtroppo, la possibilità di testare numerosi vini con diverse vendemmie sulle spalle è quasi esclusivamente limitata ai ritrovi tra appassionati (in cui si dà fondo alle “riserve” personali), ma quasi mai ad eventi o degustazioni pubbliche, in occasione delle quali le aziende – per motivi di stock ma anche e soprattutto per ragioni di marketing – presentano le annate attualmente in commercio.

In questo contesto, una piacevolissima eccezione è rappresentata da “Life of Wine”, evento organizzato dallo Studio Umami con la collaborazione del giornalista e grande conoscitore del mondo del vino Maurizio Valeriani, in cui le aziende che partecipano, oltre all’ultima portano in degustazione anche vecchie annate scelte tra quelle a loro giudizio più rappresentative.

Quest’anno l’evento – giunto alla X Edizione – si è svolto domenica 10 Ottobre nella splendida cornice dell’Hotel Villa Pamphili a Roma, alla presenza di circa 70 aziende e più di 200 differenti etichette, ed il sottoscritto vi ha partecipato con grande entusiasmo ed interesse, ricavandone un bel bagaglio di esperienze e sensazioni.

Per una volta, ho preventivamente deciso di “ignorare” la mia amata Toscana – nonostante fosse rappresentata da una serie di aziende di straordinario valore (Badia a Coltibuono, Boscarelli, Capannelle, Col d’Orcia, Fattoria Selvapiana, Salcheto e Silvio Nardi – solo per citarne alcune ed in rigoroso ordine alfabetico), dedicandomi all’assaggio dei vini delle aziende provenienti dal resto del nostro stupendo stivale enoico, ricco come nessun altro di diversità di terroir e stili produttivi.

 


Di seguito trovate una “classifica” (certamente soggettiva e personale) dei miei migliori assaggi, che contiene quei vini che al di là della qualità dimostrata hanno saputo aggiungere un tocco “identitario” capace di riportarmi quasi istantaneamente al produttore o al territorio di riferimento, e che li ha resi ai miei occhi riconoscibili ed ancor più interessanti in mezzo a tanti altri egualmente validi.

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6) Fiorduva Fuore Bianco DOC 2017 – Marisa Cuomo (91/100)

40% Ripoli, 30% Fenile 30% Ginestra – Terreni composti da rocce calcareo/dolomitiche posti su terrazzamenti costieri a 200-250m di altitudine. Resa di 60q/he, fermentazione ed affinamento sui lieviti per alcuni mesi in barrique di rovere

L’icona enologica della Costiera Amalfitana, un vino da viticoltura eroica di cui si è detto e scritto tantissimo, e che personalmente – nel corso degli anni – mi ha riservato alcune esperienze da ricordare ma anche alcune delusioni. Questa 2017 rientra certamente nella prima categoria: solare ma minerale, caldo ed algido al tempo stesso. Paglierino con leggero accenno dorato. Naso classico, giocato su note di ginestra, susina gialla e gessose, con in più una nota smaltata in sottofondo. Bocca ricca ma al tempo stesso equilibrata, ricca senza essere eccessiva. Finale molto lungo su rimandi agrumati e fruttati.

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5) Terre Brune Carignano del Sulcis Superiore DOC 2013 – Cantina Santadi (92/100)

95% Carignano, 5% Bovaleddu – Vecchi vigneti costieri a piede franco su terreni sabbiosi/calcarei. Affinamento di 16/18 mesi in barrique di rovere di primo passaggio, cui seguono 12 mesi in bottiglia prima dell’immissione sul mercato.

Altra etichetta iconica, il primo vino sardo affinato in barrique nuove, frutto della collaborazione della cantina con il grande (e compianto) Giacomo Tachis. Un vino classico ma altresì moderno, a volte difficile in gioventù – per via della massa imponente e dell’importante tenore alcolico – ma capace di acquisire eleganza e definizione con il trascorrere del tempo. Questa 2013 può considerarsi appena all’inizio del suo percorso virtuoso, ma comincia a delineare i caratteri che hanno dato lustro e riconoscimenti all’etichetta. Rubino/granato, intenso e consistente alla vista. Naso profondo, marcato dalle classiche note di frutta matura arricchite da sfumature di tabacco dolce, vaniglia e da nuance che riportano alla macchia mediterranea, alloro e ginepro su tutte. Bocca generosa, nel complesso equilibrata tra acidità ed alcol e caratterizzata da un tannino fitto ma dalla grana finissima, anche se un filo a corto di sfumature (per quelle ci sarà tempo). Persistenza da grande vino.

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4) Verdicchio di Matelica DOC 2013 – Collestefano (92/100)

100% Verdicchio – Terreni sabbiosi/argillosi ricchi di calcare, posti ad un’altitudine prossima ai 420m. Pressatura soffice, fermentazione ed affinamento sui lieviti in acciaio per circa 4 mesi.

Un grande Verdicchio ad un piccolo prezzo, un must-have, un vino imprescindibile per comprendere le potenzialità del terroir di Matelica e le sue capacità evolutive, qui in una versione di grazia assoluta. Paglierino ancora perfettamente integro, naso giovanile non scafito – neppure minimamente – dal trascorrere del tempo, giocato sui classici toni di frutta bianca e floreali del vitigno. Bocca ipersuccosa, incredibile per freschezza, forza ed armonia al tempo stesso. Persistenza davvero lunga. Al suo prezzo è davvero difficile trovare di meglio, nelle Marche ma più in generale nell’intero panorama nazionale dei bianchi.

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3) Cinque Querce Taurasi DOCG 2007 – Salvatore Molettieri (93/100)

100% Aglianico – Vigna Cinque Querce, vero e proprio Cru situato a Montemarano a circa 500-550m di altezza e poggiante su terreni argilloso/calcarei. Resa di 70q/he, affinamento di 48 mesi in barriques e botti grandi di rovere, cui seguono 6 mesi in bottiglia prima dell’immissione sul mercato.

Non ho mai nascosto il mio amore per il Taurasi, specialmente quello più maschio, materico e generoso, e quindi non posso non avere un occhio di riguardo per Salvatore Molettieri ed i suoi grandi vini. All’interno della “batteria da KOT” che ha presentato in questa occasione (di grande profondità e livello medio), emerge questo Cinque Querce 2007. Rubino integro senza cedimento alcuno, denso e consistente. Naso inizialmente timido ma che con il trascorrere del tempo tira fuori le classiche note del Taurasi di razza (ciliegia, eucalipto, viola), regalando finezza e profondità. Bocca eccellente, che senza snaturare la filosofia aziendale fatta di grandi strutture regala un'armonia ed una piacevolezza mirabolante. Tannino integrato nella struttura, acidità e sapidità ancora intatte. Ottimo l'allungo sul finale.

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2) Amarone della Valpolicella DOCG 2011 - Secondo Marco (94/100)

45% Corvina, 45% Corvinone, 10% Rondinella - Vigneti siti a Fumane, nel cuore della Valpolicella Classica. Resa di 80q/he, appassimento di 3 mesi, fermentazione lunghissima che si protrae per 80-100 giorni. Affinamento di 48 mesi in botte grande di rovere di Slavonia.

Al contrario di prima, confesso di non avere un grande feeling con l'Amarone, che al di là della struttura e della piacevolezza trovo spesso monolitico e seduto su toni di frutta matura. Questa etichetta va invece in direzione opposta, mostrando un vino che senza snaturare i caratteri che hanno reso globale questa denominazione regala una beva armoniosa, dinamica e profonda. Rubino integro e meno intenso delle attese. Naso coinvolgente, giocato su note di frutta rossa e balsamiche, con in più  una speziatura importante - dovuta probabilmente al rilevante ed inusuale presenza di Corvinone - ed un sottofondo di tabacco. Bocca fresca e saporitissima, in cui l'importante struttura ed il tenore alcolico vengono mantenute nei ranghi con incredibile maestria. Buonissimo senza essere piacione, con la capacità (comune solo a pochi Amarone) di accompagnare il cibo senza sovrastarlo, un vino che ha per me rappresentato la realtà che non mancherò di approfondire presto. 


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1) Kurni Marche IGT 2018 – Oasi degli Angeli (95/100)

100% Montepulciano – Allevamento ad alberello ad alta densità d’impianto, su terreni sabbioso/sassosi localizzati a circa 300m di altitudine. Fermentazione spontanea sotto l’azione dei soli lieviti indigenti, affinamento di 20 mesi in barrique di primo passaggio.

Un rosso trascendente, uno di quei vini su cui chiunque ami il nettare degli Dei non può non essersi confrontato, un Montepulciano senza mezze misure. In una parola Kurni, stavolta in una versione ancora giovanissima ma già straordinaria, o e meglio emblematica di quel che sarà tra qualche anno. Rubino cupo, molto consistente. Naso intenso ma al tempo stesso profondo ed elegante, marcato da note di frutta matura (amarena) ed arricchito da sfumature dolci che ricordano la vaniglia ed il cioccolato. Bocca maestosa, rotondamente violenta, ancora in divenire ma che racconta già la filosofia ed il carattere dei vini dell’azienda. Imponente ma con una sapidità ed un tannino inusuale a queste latitudini. Lungo e preciso anche sul finale, su note fruttate con richiami erbacei. Grandissimo.

P.S. Eccellente anche il 2014, meno impattante ma ancora più delineato.

 

Commenti

  1. Grazie per la condivisione e i consigli. Sempre molto preciso 😊

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