GRECO DI TUFO PIETRACUPA, QUANDO L’ASSAGGIO RIPAGA L’ATTESA

 

Il tempo di attesa è parametro di importanza capitale per chiunque possa anche solo ambire a definirsi appassionato di vino.

Acquistare una bottiglia per lasciarla poi riposare in cantina, per mesi, anni o – in alcuni casi – decenni, aspettando con frenesia ed impazienza il momento “perfetto” per aprirla (che auspicabilmente dovrebbe combaciare con il suo picco evolutivo) è pertanto quasi una necessità, una tappa obbligata nel percorso di ricerca dell’estasi bevitoria, di quelle bottiglie che con il tempo hanno la capacità di acquisire quella sorta di magia in grado di renderle uniche ed irripetibili.

Chiaramente, questa esigenza è sentita maggiormente nel caso dei grandi rossi da invecchiamento (che generalmente richiedono del tempo per smussare gli spigoli acido/tannici che hanno in gioventù, oltre che per acquisire complessità e profondità), meno se parliamo di vini bianchi, che al di là delle capacità di tenuta nel tempo sono generalmente più pronti ad un consumo immediato.

Esistono – naturalmente – delle eccezioni, in questo caso rappresentate da bianchi che a ridosso dell’uscita sul mercato si caratterizzano per l’acidità a tratti eccessiva (o che in altri casi risultano come compressi e monolitici), e che abbisognano, al pari dei loro “fratelli rossi”, di un lungo periodo in bottiglia per esprimere al massimo il loro potenziale.

Esempio a mio parere emblematico della categoria appena descritta sono i vini di Sabino Loffredo e della sua azienda Pietracupa, veri e propri “gioielli” della viticoltura irpina (per la precisione dell’areale di Montrefredane), che anno dopo anno fanno incetta di premi, riconoscimenti ed appassionati.

Bianchi – Fiano di Avellino e Greco di Tufo – che in gioventù, pur caratterizzandosi per una beva a dir poco irresistibile (una sorta di marchio di fabbrica aziendale), presentano spesso un’acidità elevata al punto da sovrastare la struttura stessa del vino, limitandone armonia e sfumature gusto-olfattive, ma che con il trascorrere del tempo, anche qualche decennio nel caso delle annate a maggior potenziale, sanno trasformarsi in meravigliosi cigni.

Come nel caso del Greco di Tufo 2015 che – dopo aver riposato per diversi anni nella mia cantina – ho avuto la fortuna di ritrovarmi nel bicchiere qualche sera fa. Un vino maturo ma senza traccia alcuna di invecchiamento alcuno, ancora perfettamente in spinta anche se prossimo al suo apice evolutivo.

Ammaliante fin dal colore, capace di inebriarti grazie ad un bouquet olfattivo impattante per intensità ma al tempo stesso fine e complesso, armonioso al palato ed in grado – sul finale – di piazzare l’allungo che demarca la differenza tra i vini buoni ed i grandi vini, quelli che sanno rimanere impressi nella mente di coloro che hanno la fortuna di incrociarne il cammino.

Greco di Tufo DOCG 2015 – Azienda Pietracupa

Giudizio personale: 93/100 

Uvaggio: 100% Greco

Affinamento: Diversi mesi in acciaio

Fascia di prezzo: 18-22€ 

 

DEGUSTAZIONE

👀 Dorato, mediamente intenso, buona densità, eccellente limpidezza

👃Pulito, intenso, dall’ottima finezza e buona complessità. Varietale, maturo ed integro nonostante il passaggio del tempo, che anziché essere nemico si è rivelato splendido alleato. Fiori gialli (ginestra), susina matura, marcata nota gessoso/minerale che con il tempo sfuma lentamente su delicati toni idrocarburici, nota dolce in sottofondo a ricordare la cipria.

👄Minerale, agrumato e dalla beva trascinante (come da “manuale aziendale”) ma al tempo stesso più ricco, ampio e materico dell’annata precedente, quindi nel complesso armonico oltre che di estremo interesse. Persistenza molto buona, finale coerente e sapido con in più un eccellente allungo marcato da leggeri rimandi di frutta secca (mandorla e nocciola).

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