Diario di viaggio virtuale di un (quasi) neofita alla scoperta dell’Alsazia del vino


Durante il periodo che la pandemia ci ha obbligato a vivere, una delle cose che mi sono maggiormente mancate sono stati gli eventi, momenti di crescita ma anche giornate spensierate in cui ritrovarsi insieme a produttori, addetti ai lavori e semplici appassionati per condividere – davanti ad un calice – le impressioni sul meraviglioso mondo che ci accomuna.

Pian piano si sta ripartendo, e l’auspicio di noi tutti è di non dover più tornare indietro, ma occorre ammettere che l’anno appena trascorso, in cui la nostra socialità – in tema di vino ma non solo – è stata forzatamente limitata, ha portato con sé anche qualche piccolo risvolto positivo, situazioni o opportunità che in condizioni di “apparente normalità” non avremmo potuto cogliere.

Personalmente, una di queste è stata la possibilità di partecipare al Millésimes Alsace Digitasting, una fiera virtuale su un territorio – l’Alsazia - che da tempo sentivo di voler approfondire ma che fino a ieri rappresentava, per me, quasi una tela bianca, un racconto ancora da iniziare a scrivere.

Oltre ad aver potuto assistere ad una serie di webinar tematici su questo territorio e sui vitigni che in esso trovano dimora, attraverso l’invio di una bella serie di campioni ho avuto modo di assaggiare i vini di cinque tra le più prestigiose aziende della regione, riuscendo a farmi un’idea – certamente grossolana, se non proprio embrionale – dello stile dei vini di questa importante e prestigiosa realtà vitivinicola.

Ma prima di raccontarvi del mio viaggio virtuale, degli assaggi e delle impressioni che – da quasi neofita sul tema – ne ha ricavato, è importante inquadrare la protagonista del racconto.

Parliamo di una delle regioni francesi con la maggiore ed antica tradizione vitivinicola, collocabile geograficamente tra la porzione di terra delimitata tra i Monti Vosgi ed il fiume Reno (che ne segna il confine con la Germania) e che si estende in direzione verticale per circa 150km, in grandi linee tra le città di Strasburgo e Mulhouse.

E’ considerata una delle “zolle magiche” del vino mondiale, con i bianchi a dominare il paesaggio e solo una parte minoritaria (circa il 10%) coltivata a Pinot Noir, l’unico rosso ammesso nel disciplinare della denominazione.

I vitigni a bacca bianca autorizzati sono invece otto (riesling, pinot gris, gewurztraminer, muscat d’Alsace, pinot blanc, sylvaner, chasselas ed auxerrois), di cui i primi quattro – se coltivati all’interno di uno dei 52 territori di maggior prestigio e tradizione – originano i vini che rappresentano la vetta della piramide qualitativa della regione, ossia gli AOC Alsace Grand Cru, che per disciplinare all’interno dell’etichetta devono obbligatoriamente riportare, oltre al nome stesso del cru, il vitigno e il millesimo di riferimento.

Oltre alla qualifica Grand Cru (che “sovrasta” la generica denominazione AOC Alsace, spesso indicata anche attraverso l’espressione Vin d’Alsace), esistono altre due ulteriori importanti menzioni, ossia “Vendage Tardive”, indicante vini ottenuti con uve vendemmiate in sovramaturazione, e “Sélection de grains nobles”, relativa ad etichette prodotte con grappoli raccolti e selezionati a mano e di norma aggrediti dalla muffa nobile (Botrytis cinerea), normalmente associate a vini di gran pregio e di conseguenza piuttosto ricercati e costosi.



I vini alsaziani devono le caratteristiche che ne hanno determinato il successo a due fattori fondamentali: le eccezionali condizioni climatiche e la conformazione dei terreni.

Parliamo infatti di un’area dove la piovosità è assai scarsa (ad esempio Colmar, incantevole gioiello medievale situato al centro della regione, è la seconda città più asciutta del paese), mentre le ore di sole sono decisamente numerose.

Inoltre, nella definizione di questo eccezionale microclima giocano un ruolo fondamentale i Vosgi, che riparano le vigne dai venti e dall’umidità provenienti dall’Oceano Atlantico. Clima, dunque, ma anche ricchezza e varietà del suolo, che passa dalle zone ricche di granito, gneiss e scisto, fino a quelle silicee e a quelle calcaree, per digradare fino alle piane alluvionali dove la vite arresta la sua messa a dimora.

Cosa riporterò a casa da questa esperienza? Senza dubbio la consapevolezza che di aver approcciato una regione ricca di stili differenti anche se uniti da una filosofia produttiva improntata al rispetto della terra da cui tutto si origina.

Alcuni assaggi sono stati illuminanti, altri deludenti, ma in generale qualità, varietalità e piacevolezza hanno accomunato trasversalmente le etichette che ho avuto la fortuna di degustare.

I Riesling mi sono sembrati i vini più “allineati”, con un’impostazione di base piuttosto definita, giocata nella quasi totalità dei casi su un naso agrumato e ricco di rimandi gessosi/minerali, e da una bocca che – al di là di differenze strutturali in alcuni casi importanti – parla un linguaggio comune fatto di verticalità, sapidità ed armonia.

Diversi tra loro i Gewurztraminer, specie in relazione ai residui zuccherini a volte importanti ed in altri casi praticamente nulli, sorprendentemente ricchi e strutturati i Pinot Gris. Piuttosto eterogenei i Pinot Noir, in alcuni casi fini ed eleganti, in altri più intensi e rustici.

 

 

GLI ASSAGGI

Il mio percorso alla scoperta dei vini di questa regione, incamminandoci idealmente da sud verso nord, è cominciato da Guebwiller, circa 25km a nord di Mulhouse, casa di una delle aziende più note ed iconiche della regione, ossia il DOMAINES SCHLUMBERGER. Una realtà dai numeri importanti, che si sviluppa per circa 140 ettari di cui addirittura 70 classificati come Grand Cru, comprendendo tutti e quattro i territori dell’elezione del comune dove ha sede l’azienda, ossia Kitterlé, Kessler, Saering e Spiegel. Regime (parzialmente) biodinamico, rese piuttosto basse, vini che si caratterizzano per pulizia ed eleganza, quindi pienamente in linea con il cliché tipico delle migliori etichette della regione.

Fine ed elegante il Riesling Grand Cru Saering 2017 (90+), al naso marcato da belle note agrumate e di gelsomino e verticale ed armonico al palato, che sul finale cambia passo mostrando maggiore ampiezza e potenza.

Simile nel profilo anche se leggermente meno impattante il Riesling Grand Cru Kitterle 2017 (89), per certi aspetti più lineare e didattico ma senza quel quid capace di far scoccare la scintilla.

Certamente interessante il Gewurztraminer Grand Cru Kitterle 2012 (89), varietale e profondo al naso anche se meno esplosivo delle attese e caratterizzato da una bocca corposa ed ancora in spinta nonostante l’età ed un residuo zuccherino – 45g/L - un filo eccessivo.

Ben eseguito anche il Pinot Noir Les Princes Abbés 2017 (88) giocato su note di frutti di bosco, sfumature vegetali e rimandi boisè, che però risulta meno profondo e complesso degli altri.

 

Proseguendo il cammino, mi sono poi mosso in direzione di Pfaffenheim, per giungere presso una delle realtà vitivinicole alsaziane di maggior interesse, quella di PIERRE FRICK. Un domaine che da almeno due decenni opera completamente in regime biodinamico, e che si racconta attraverso vini originali e mai banali, a volte eccessivi ma con un carattere ed una personalità che straborda dal bicchiere.

Intenso e verticale nonostante qualche nota ossidativa in eccesso ed un equilibrio non ancora pienamente raggiunto il Riesling Rot Muriè 2017 (88), che per alcuni caratteri – specie olfattivi – ricorda un vino macerato sulle bucce.

Fine, strutturato e piacevolissimo, grazie alla perfetta combinazione tra acidità vibrante, sapidità suadente e buona componente glicerica, oltre che estremamente lungo il Riesling Grand Cru Vorbourg 2018 (92), a mio personale giudizio il miglior assaggio tra quelli che ho avuto occasione di fare.

Ottimo anche il Gewurztraminer Grand Cru Eichberg 2017 (90), molto intenso – quasi violento al naso – anche se meno impattante delle attese e con minore personalità al palato, nonostante il buon equilibrio, la coerenza gusto-olfattiva e l’importante persistenza (marchio di fabbrica dei vini del domaine).

Infine, il Pinot Noir Strangenberg 2019 (89+), dal naso non intensissimo ma estremamente articolato e fine (quasi borgognone), oltre piacevole e diretto al palato, nonostante un equilibrio – forse solo per una questione anagrafica – al momento leggermente spostato sulle durezze.

 

Sempre a Pfaffenheim – una delle culle vitivinicole della regione – ha sede la terza tappa del mio viaggio, ossia il DOMAINE MOLTES. Azienda anch’essa a carattere familiare ed operante in regime biologico certificato, con l’obiettivo dichiarato di limitare al minimo gli interventi sia in vigna che in cantina. Vini di carattere, che al di là di qualche piccolo difettuccio qua e là si fanno apprezzare e ricordare.

Didattico e ben eseguito il Riesling Steinbuck 2019 (87), un entry-level che senza raggiungere picchi di eccellenza mostra intensità e varietalità al naso ed una bella sfumatura sapido/minerale al palato, leggermente frenata da una struttura non certo monumentale.

Eccellente il Riesling Grand Cru Zinnkoepfle 2019 (91+), miglior assaggio aziendale per distacco, esotico al naso e praticamente già perfetto in bocca – nonostante l’evidente gioventù – con ancora un’importante vena sapido/minerale stavolta perfettamente equilibrata da morbidezza e calore alcolico.

Decisamente particolare il Pinot Gris Grand Cru Steinert 2019 (88+), un filo introverso all’olfatto ma piacevolissimo ed intrigante al palato, in cui l’evidente residuo zuccherino si fonde benissimo con la sapidità e la freschezza che tengono in piedi il sorso, e con in più un interessante finale caratterizzato da eleganti richiami speziati.

Meno performante il Pinot Noir Sonnenglaenzlé 2018 (86), di un’intensità olfattiva al limite del violento ma che in bocca difetta leggermente in avvolgenza, equilibrio e complessità, finendo per apparire un filo scarno.

 

Risalendo ancora in direzione nord, ed una volta superata Colmar, eccoci in vista di Katzenthal, in cui mi sono fermato – idealmente – per visitare l’azienda MEYER-FONNÉ, forse il Domaine di riferimento della zona, con una produzione che si estende per 12 ettari sparsi all’interno di sette diversi comuni e che comprende vigne rientranti in cinque Grand Cru. Qualità media decisamente buona anche se con una piccola/grande delusione.

Molto buono e ben eseguito – forse al limite del ruffiano – il Riesling Grand Cru Wineck-Schlossberg 2019 (89), profumatissimo ed intrigante al naso ed equilibrato e lungo al palato, anche se un filo troppo lineare nella sua dinamica.

Decisamente sottotono – o per meglio dire parecchio deludente - il Riesling Grand Cru Kaefferkopf 2019 (83), poco espressivo nella sua fase olfattiva e scarno, oltre che non pienamente equilibrato – in bocca. Si risolleva un filo sul finale (lungo e di impeccabile pulizia) ma da un Grand Cru credo sia lecito attendersi di più.

Decisamente più ricco e strutturato il Pinot Gris Grand Cru Kaefferkopf 2018 (89), aperto e varietale al naso e rotondo ed armonico in bocca, anche se un filo frenato nella beva da una nota alcolica che emerge sul finale.

Interessante il Pinot Noir Altenbourg 2018 (88+), caratterizzato da un naso complesso e particolare giocato su toni di frutti scuri, caramelle alla frutta, carne stufata e rimandi boisè e balsamici, e che in bocca dimostra coerenza e carattere anche se ancora abbisogna di qualche tempo in bottiglia per il raggiungimento della piena armonia.


Il mio viaggio lungo la Strada del Vino d’Alsazia si è infine concluso ad Andlau, praticamente a metà strada tra Colmar e Strasburgo, sede di una delle aziende più conosciute e considerate della regione, quella di REMY GRESSER. Un Domaine con oltre quattro secoli di storia, che sviluppa la sua produzione su poco meno di undici ettari, ricadenti anche all’interno di tre Grand Cru, e che opera in regime biodinamico cercando di far emergere nei vini i caratteri varietali ma al tempo stesso identitari del terroir da cui essi provengono.

Piacevole ma non trascendentale il Riesling Grand Cru Kastelberg 2018 (86+), che al di là di una persistenza che senza dubbio alcuno identifica un vino di qualità, non riesce a farsi ricordare, anche a causa di un equilibrio non ancora perfettamente raggiunto e di un finale leggermente asciugante.

Con la stessa impostazione generale ma senza dubbio più rotondo ed armonico il Riesling Grand Cru Moenchberg 2017 (88) a cui l’anno in più trascorso in bottiglia ha smussato gli spigoli in eccesso, oltre che regalare una complessità leggermente superiore.

Molto valido il Riesling Grand Cru Wiebelsberg 2014 (90), caratterizzato – specie al naso – da note evolute che cominciano a far capolino nel profilo ma sostenuto da un’acidità ancora integra, oltre che ben equilibrata dall’alcol e dalla morbidezza, con in più un bel finale lungo e sapido.

Infine il Gewurztraminer Grand Cru Moenchberg 2018 (88), giocato su un naso intenso e varietale anche se meno complesso delle attese e da una bocca rotonda e piacevole, nonostante un leggero residuo zuccherino che non ne compromette l’armonia. Bello il finale su note dolci e speziate, in cui l’alcol è tenuto sapientemente a bada.

Commenti

  1. Bell'articolo, molto esplicativo. L'Alsazia è una zona che mi manca e non vedo l'ora di provare i suoi vini. Grazie per i consigli!

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  2. Complimenti Ago un ariticolo ben fornito di dettagli. La degustazione che hai avuto modo di fare è davvero accattivante e istruttiva

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