Vigna degli Estensi, quando i sogni sono una cosa seria


L’ho detto e ripetuto più volte.

Ho un debole mai nascosto per il Verdicchio, vitigno che mi ha sempre appassionato e che mi piace – seppur solo simbolicamente – avvicinare a me ed al mio modo di essere.

Un vitigno dal carattere definito ma mai scontato e banale, che ben difficilmente sa ammaliare a primo impatto (specie olfattivo) ma che al palato sa esprimere tutta la forza e la personalità della terra da cui trae origine.

De facto, un rosso “travestito” da bianco, un’uva capace di regalare vini sorprendenti, strutturati e longevi.

Certo, è innegabile il fatto che in passato da queste parti ci si è spesso lasciati andare, preferendo portare avanti una viticoltura votata alla massimizzazione del profitto, che ha sì generato risultati commerciali a molti zeri ma che ha finito per limitare per troppo tempo l’appeal e l’interesse per un territorio che invece avrebbe un potenziale da primo della classe.

Per fortuna però, esistono aziende – ma soprattutto produttori lungimiranti ed illuminati – che non hanno mai smesso di lavorare nell’ottica della qualità, assecondando il vitigno ed i caratteri che esso sa esprimere all’interno del suo terroir d’elezione.

Vignaioli che con il loro lavoro e con le loro etichette hanno permesso di riportare le Marche – ed il Verdicchio in primis - all’interno del vino che conta, facendo da volano ad una nuova generazione di produttori locali ma anche convincendo persone che vivevano al di fuori ad investire su questo territorio e sui suoi meravigliosi vini.

Come è accaduto a Stefano Bondanelli, geologo con la passione per la viticoltura e l’enologia, che una decina di anni fa decise di lasciare Ferrara e la sua “precedente vita”, per intraprendere – assieme a sua moglie Laura – il difficile ma al tempo stesso meraviglioso percorso di produttore di vino in quel di Senigallia.

Un salto nel vuoto, un rimettersi in gioco in un momento in cui invece sarebbe stato “normale” godersi i frutti maturati negli anni, che si è però rivelata una scommessa vinta, dato che i fatti ed i risultati gli stanno dando ampiamente ragione.

L’azienda è infatti cresciuta in breve tempo, costruendosi un nome ed un prestigio sia a livello regionale che nazionale, grazie a vini raffinati e particolari, che pur nel solco della tradizione sanno mostrare personalità e carattere.

La parte del leone, ma al tempo stesso del portabandiera aziendale, non può che farla il Verdicchio – declinato in tre diverse versioni – ma all’interno della batteria aziendale non mancano il tradizionale Lacrima di Morro d’Alba, il corposo Rosso Piceno (blend di Montepulciano e Sangiovese), oltre ad una bollicina Rosè (frutto di un blend Lacrima/Verdicchio) ed un sorprendente ed assai “fuori-zona” bianco a base Fiano.

Delle etichette che più mi hanno colpito parlerò alla fine, ma come ormai da tradizione ho preferito che a raccontare nel dettaglio l’azienda fosse lo stesso protagonista della storia, quello Stefano Bondanelli che ha accettato con entusiasmo di rispondere alle domande della mia intervista.


Buongiorno Stefano, e grazie per aver accettato la mia intervista. La vostra è un’azienda marchigiana, ma il nome rimanda ad un’altra zona del nostro paese. Come e quando nasce il progetto Vigna degli Estensi, e di cosa ti occupavi nella “precedente vita”?

Buongiorno e grazie a voi! Gli Estensi, nobile ed illuminata famiglia ferrarese che in epoca rinascimentale era all’avanguardia europea, non mi risulta siano mai arrivati in territorio marchigiano. Quando abbiamo lasciato Ferrara per trasferirci sulle colline di Senigallia, abbiamo deciso di ricordare nel nome aziendale un po’ della nostra storia e della nostra cultura originaria. La mia “vita precedente” è quella di un geologo prestato all’informatica in un’epoca in cui i laureati in questa materia scarseggiavano e le aziende erano costrette ad attingere ad altre professionalità provenienti da altre discipline scientifiche. Dopo 20 anni di un mestiere che mi interessava ma che non sentivo mio, sono stato letteralmente folgorato dal mondo del vino frequentando i corsi dell’AIS. Lì ho deciso che quella sarebbe stata la mia vita quindi, a più di 40 anni di età, mi sono rimesso in gioco, iscrivendomi nuovamente all’Università per conseguire la laurea in “Viticoltura ed Enologia” ed elaborando contestualmente il progetto che ci ha portato nelle Marche.

 

C’è un aneddoto, legato a questi anni ed alla vostra avventura di produttori, che ricordi con piacere?

L'aneddoto risale a qualche anno fa quando, durante una degustazione dei nostri vini per le vie di Senigallia, rimasi sbalordito dalla reazione di una turista olandese che, alle prese con la nostra Lacrima Superiore IUS LACRIMAE, iniziò a decantarne ad alta voce le qualità come se fosse entrata in estasi. Posso garantire che era perfettamente sobria ed io non avevo mai visto una reazione del genere di fronte ad un vino. Lo stesso valeva per chi gli stava attorno, al punto che subito si presentò un'altra persona che mi disse: "voglio assaggiare quello che hai dato a lei".  Mi ha ricordato immediatamente la scena del film "Harry ti presento Sally" ma in questo caso la situazione era reale!

 

Sul vostro sito mi ha colpito la frase “I sogni sono una cosa seria”, quasi in contrapposizione alla leggerezza che è spesso associata al sognare. Cosa vuol dire per voi portare avanti i vostri sogni?

Significa dare un senso alle cose che si fanno. Il sogno è sì leggerezza ma rappresenta anche la manifestazione delle proprie aspirazioni la cui realizzazione è fondamentale per la nostra esistenza. Concretizzare un sogno richiede il più delle volte grandi rischi e molta fatica ma credo ne valga la pena. Quantomeno provarci… 

 

I vigneti sono tutti di proprietà? Dove si trovano? Età media delle vigne?

La parte di vigneto attorno all’azienda, circa 3 ettari, è di proprietà e l’abbiamo impiantata nel 2010. A Roncitelli di Senigallia abbiamo prevalentemente lacrima, un po’ di fiano, montepulciano e sangiovese. Il nostro verdicchio invece si trova a Castelleone di Suasa, una ventina di km nell’entroterra dove, nel 2011, abbiamo preso in gestione un vigneto di grande valore, con piante che hanno oggi quasi 50 anni, producono poco ma con una qualità straordinaria. Il contratto di affitto è in scadenza ma abbiamo in corso una trattativa che mi auguro ci porterà all’acquisizione di quel terreno.

Qual è la vostra “ricetta” alla base di un vino di qualità?  E’ qualcosa applicabile sempre e comunque o ci sono dei distinguo che è necessario fare, ad esempio a seconda dei vitigni ma anche del prodotto che si vuole ottenere?

La ricetta della qualità parte da una gestione agronomica del vigneto che garantisca uno sviluppo equilibrato delle piante. Potatura invernale corta per limitare la produzione e sviluppo di un ecosistema virtuoso che metta in sinergia le varie componenti quali terreno, vegetazione associata e microfauna. Siamo un’azienda biologica e, oltre a non utilizzare prodotti di sintesi chimica, cerchiamo di aiutare le piante a reagire autonomamente alle avversità creando il corretto equilibrio vegeto-produttivo. Anche in cantina nulla viene lasciato al caso. Nel nostro piccolo abbiamo una strumentazione enologica di primissimo livello ed usiamo la tecnologia per gestire i processi di fermentazione e di affinamento. Vecchio e nuovo devono però inevitabilmente coesistere: l’enologia è una scienza ma deve essere necessariamente integrata da artigianalità e soprattutto passione, quella che può fare la differenza tra un vino fatto bene e, consentitemi il termine, un “piccolo capolavoro”.

 

Producete vini ricadenti all’interno di diverse denominazioni, ma è evidente che il Verdicchio sia il principe della vostra batteria. Per me è uno dei più grandi vitigni italiani a bacca bianca, quindi sono ampiamente di parte. In cosa consiste per voi la forza di questo vitigno, e quali (se ci sono) i suoi punti deboli?

Anche io sono di parte e ritengo che il verdicchio sia il re dei vitigni nazionali a bacca bianca. Del resto ho scelto di venire nelle Marche, oltre che per l’incomparabile bellezza dei territori, proprio per le straordinarie potenzialità di quella cultivar unita alla originalità di un altro vitigno autoctono quale il lacrima. Col verdicchio si può fare di tutto, da un vino semplice di pronta beva ad un grande vino strutturato che può rimanere in bottiglia per oltre vent’anni. Potenza e struttura ne fanno un vitigno che spesso è considerato un rosso mascherato da bianco. Trovargli dei difetti non è semplice. Magari qualcuno non ama quella nota ammandorlata che talvolta può apparire come leggermente amarognola, ma è una questione di gusti.

 

Da dove è nata l’idea di produrre nelle Marche un vino a base Fiano?

Quando abbiamo impiantato la vigna attorno all'azienda ho pensato, oltre alle classiche cultivar del luogo, anche ad un vitigno a bacca bianca che potesse esprimersi al meglio in terreni tipicamente da rosso. Sto parlando delle argille plioceniche di Roncitelli sulle colline di Senigallia, una zona dove il verdicchio non si sarebbe trovato a proprio agio. Il contesto è completamente differente dall'Irpinia, cambia quasi tutto ma nella mia testa c'era l'idea che anche qui quel vitigno avrebbe raggiunto risultati di eccellenza seppur diversi da quelli già noti. Dopo di che ho immaginato un vino che, oltre all’eleganza tipica del fiano, potesse avere anche un po’ di struttura del verdicchio. E’ nato KORIS, l’unico Marche Fiano Igt presente sul mercato, che viene realizzato con un blend di 85-90% di fiano e 10-15% di verdicchio (destinato alla riserva). Del resto l’originalità è una prerogativa di tutti i nostri prodotti.

  

C’è un’etichetta a cui siete particolarmente legati?

E’ molto difficile dirlo perché sarebbe come scegliere uno dei propri figli. Senza nulla togliere a tutti gli altri forse l’etichetta che meglio ci rappresenta è LOGOS, il nostro Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, un vino di grande importanza che esprime al meglio struttura e versatilità del vitigno. E’ anche quello che ottiene il maggior numero di premi. Ultimamente è stato valutato con 94/100 nell’ultima Vinitaly 5StarWines, ed è probabilmente grazie alla qualità dimostrata da questa etichetta che da qualche anno siamo diventati fornitori ufficiali del Quirinale.

 

Quali sono gli obiettivi futuri dell’azienda? Avete progetti in cantiere?

Il primo obiettivo è quello di completare la nostra gamma dei vini biologici. Abbiamo già la certificazione per tutta la gestione agronomica ma, per quanto riguarda i vini, solo il verdicchio ha completato il periodo di conversione necessario. Oltre a ciò, nell’immediato speriamo di uscire presto dalla situazione di stallo che l’emergenza Covid-19 ha generato. Una piccola azienda come la nostra, che non utilizza il canale di vendita della grande distribuzione, ha la necessità di svincolarsi maggiormente dall’horeca. Del resto la nostra vocazione di azienda verticale (crediamo molto nella filosofia FIVI alla quale abbiamo aderito con entusiasmo) ci porta a prediligere il rapporto diretto con le persone che amano il mondo del vino. Cerchiamo quindi di rendere sempre più accogliente la nostra location per le visite in cantina e di raccontare al meglio la nostra storia e la passione che ci anima nello svolgimento del lavoro quotidiano.

 


 

GLI ASSAGGI

 

Logos Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva DOCG 2016

100% Verdicchio – 9 mesi in acciaio sui lieviti + 30 mesi in bottiglia


Dorato, intenso e coerente con l’età. Naso pulito, varietale e con qualche accenno di terziari. Mediamente intenso e complesso, buona finezza. Pesca, albicocca, smalto, nota gessosa/minerale (quasi idrocarburica). Bocca ampia, ricca e strutturata. Dorsale acida ancora integra, bella sapidità, morbidezza e calore alcolico a chiudere il cerchio dell’equilibrio. Ottima persistenza, finale lineare e di gran pulizia. Insomma, un gran bel Verdicchio, che pur rimanendo nel solco della tradizione mostra finezza e verticalità sopra la media. Piacevolissima conferma.

 

Giudizio personale: 90/100

 

 

 

Aestus Rosso Piceno DOC 2017


70% Montepulciano 30% Sangiovese – 9 mesi in botti di rovere + 20 mesi in bottiglia


Rubino con riflessi granati, intenso e profondo. Naso pulito, ancora giovane ma già abbastanza espressivo. Bella intensità, discreta complessità e finezza. Frutta matura (amarena su tutte), note dolci date dall’affinamento in legno, cacao, leggera speziatura. Bocca importante come da tradizione della tipologia, con equilibrio leggermente spostato sulle morbidezze anche se non complesso piacevole. Tannino già integrato nella struttura. Persistenza più che buona, finale lineare su note fruttate. Espressione didattica e ben riuscita della denominazione, anche se meno interessante del Verdicchio.

Giudizio personale: 87/100

 

 

 

 

 

 

Commenti

  1. Grazie per questa intervista/recensione che Stefano merita per la sua storia, o meglio per la sua scommessa, sebbene il territorio, grazie alle diverse aziende vinicole che sono sorte, da diversi anni a questa parte abbia, come sottolineato, cambiato rotta, portando i vini tipici della zona, al giusto collocamento nella scala dei riconoscìmenti nazionali e non; ciononostante, da avellinese trapiantato in Romagna, terminata la riserva di Fiano che normalmente acquisto in terra di Irpinia (con qualche eccezione salentina tanto per provare) un paio di anni fà, grazie al web, ho scoperto il Koris e, approfittando di Cantine Aperte, sono andato ad assaggiarlo e prenderlo di persona alla Vigna degli Estensi, dove Stefano e sua moglie ti sanno accogliere e si sanno raccontare, cosa fondamentale per chi intraprende quel tipo di attività, perché la storia dei loro vini in fondo é la loro storia ed é, secondo me, il primo anello di congiunzioen con il cliente... ebbene tornando al Koris, il loro Marche Fiano, con supporto di Verdicchio al 15%, non solo ho ritrovato la sua inconfondibile "linfa" (a pochi chilometri da casa...), ma ho scoperto un vino che ti lascia il piacere di averlo bevuto anche dopo... provare per credere. Un abbraccio, Francesco

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  2. Già il nome logos è suggestivo. Grazie!

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