Si può valutare oggettivamente un terroir?

Terroir.

Parola a dir poco mitica, croce e delizia di ogni appassionato, termine tra i più evocativi e carichi di significato (oltre che di moda) nel mondo del vino.

In parecchi casi anche utilizzato un po’ a casaccio, a volte per cavarsi fuori da un impaccio, altre in riferimento a territori per cui bisognerebbe scomodare altro.

Da definizione, “un’area geografica in cui una serie di fattori quali condizioni naturali, fisiche e chimiche, associate al clima ed al suolo, permettono la realizzazione di vini identificabili mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità”.

Nella sostanza, una sorta di luogo di grande valore e potenziale all’interno del quale produrre vino.

Nel corso dei secoli, il riconoscimento dello status di “terroir d’elezione” ad una certa area, grande o piccola che fosse – è quasi sempre stata postuma, o per meglio dire conseguente al fatto che al suo interno fossero prodotte bottiglie unanimemente riconosciute di grande qualità.

Un po’ come – per fare un paragone lontano ma al tempo stesso aderente – la classificazione di alcune zone sismiche in Italia: zone lontane da faglie e quindi apparentemente esenti da fenomeni tettonici divenute ad alto rischio nel momento in cui vi si è verificato un terremoto di una certa importanza ed intensità.

Certo, la viticoltura basa le sue radici su solidi basi scientifiche, ed altresì esistono parametri che, sulla base di studi e di una casistica enoica lunga ormai secoli, permettono di comprendere i motivi che determinano oscillazioni significative nella qualità dei vini all’interno di vigneti anche molto vicini tra loro, ma non esiste un criterio – oggettivo e valutabile numericamente – in base al quale valutare preventivamente la bontà di uno specifico vigneto e quindi il suo teorico potenziale.

O meglio, non sapevo esistesse, fino a quando – qualche tempo fa – ho sentito parlare dell’indice BIGOT.

Ma che cos’è, in dettaglio?

Per chi non lo sapesse, è un indicatore che prende il nome del suo “inventore”, l’agronomo friulano Giovanni Bigot, di cui si è molto parlato l’anno scorso e che viene fuori dall’analisi numerica di nove parametri (agronomici e viticoli) riconosciuti universalmente quali determinanti per la produzione di vini di qualità.

Fornendo – in una scala da 0 a 100 – un valore indicante, in maniera immediatamente comprensibile ma al tempo stesso precisa e reale, il potenziale – e quindi il valore – di un determinato vigneto.

E’ un indice che parte implicitamente dal presupposto della centralità del vigneto nella determinazione della qualità di un vino, e che risponde ad un’esigenza molto sentita dalle aziende, ossia quella di conoscere in maniera univoca e dettagliata il valore di propri vigneti.

Con l’obiettivo – duplice – di indirizzare in maniera corretta le proprie scelte agronomiche e di migliorare costantemente la qualità dei vigneti stessi, attraverso una serie di iniziative volte ad esprimere al massimo il potenziale che la natura ha messo a disposizione.

Già la constatazione che un personaggio del calibro di Angelo Gaja sia stato tra i principali sostenitori del progetto (che immagino abbia anche in parte contribuire a finanziare nelle fasi di studio e ricerca) ne fa intravedere il valore, e con esso le implicazioni che un utilizzo virtuoso di tale analisi – mediante un monitoraggio costante ed iterativo – potrebbe determinare nei prossimi anni.

In ogni caso, focalizzare l’attenzione sul vigneto, ma più in generale sul lavoro e sulle attività da svolgere in vigna, non può essere che un effetto positivo per il mondo del vino, per troppi anni quasi più interessato al contenitore (ossia packaging, storytelling e pubblicità) che al reale contenuto.

Il detto “il vino si fa in vigna e non in cantina” (ma aggiungerei anche fuori dalla cantina) è sempre attuale, specie in un momento storico in cui i cambiamenti climatici in atto – pressoché inevitabili e quasi certamente irreversibili – impongono a tutti scelte e decisioni che avranno effetto sul futuro e sulla sussistenza di intere ragioni vitivinicole, alcune anche di grande interesse e valore.


Commenti

  1. Grazie, non conoscevo l'indice bigot 😊

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  2. Non lo conoscevo... ne ho apprezzato i contenuti e penso che sia utile ma soprattutto a chi vuol investire nel vino... però interessante sapere che c’è... e... gran bel articolo! Complimenti! 👃🍷

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  3. Ignoravo. Mi piacerebbe saperne di più. Devo recuperare un po'di articoli, sono rimasto indietro.
    ��

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  4. Bellissimo articolo Ago. Mi è stato utile. Grazie

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