Anche i bianchi sanno invecchiare: corso accelerato sui vitigni italiani più longevi
- Cameriere, ci porti un bianco, beverino e molto fresco…
- Annata? Vuole per caso di rifilarci un vino vecchio?
- Ma l'ultima in commercio, naturalmente!
Sembra una battuta, ma ancora oggi, la maggioranza dei bevitori (in Italia ma non solo), ritiene i vini bianchi incapaci di invecchiare, o più probabilmente non si è mai posto la questione, visto che a questa tipologia ha sempre e solo associato i caratteri di freschezza, immediata piacevolezza e facilità di beva.
Ma come spesso accade in questo mondo zeppo di preconcetti e "false verità", la realtà – specie in alcuni casi – è parecchio differente.
E senza scomodare i monumentali ed impegnativi (in tutti i sensi) Chardonnay di Borgogna, o i miracolosi ed eterni Riesling della Mosella dai nomi a dir poco impronunciabili, anche nello sterminato patrimonio ampelografico italico sono presenti diversi vitigni in grado di invecchiare - o per meglio dire evolvere nel tempo – alla grande.
Ma prima di passare alle presentazioni, prima di raccontarvi quelli che sono – a mio modestissimo ma insindacabile giudizio – i vitigni italiani più longevi, quali sono le caratteristiche che fanno un "bianco in grado di sfidare il tempo"?
Principalmente la combinazione di tre elementi, che nel momento in cui si ritrovano in importanti quantità e soprattutto in equilibrio all’interno di un vino bianco, gli forniscono potenziale teorico di invecchiamento: concentrazione di frutto, acidità e contenuto alcolico.
E’ poi altresì vero che un bianco da invecchiamento non si origina dal nulla, e va quindi pensato da chi lo produce, il quale – sia in vigna che in cantina – deve seguire precisi dettami tecnici in termini di riduzione delle rese, maturazioni fenoliche pressoché perfette e assenza (o quasi) di fenomeni ossidativi in fase di vinificazione.
Va quindi da sé che l’ottenimento di un bianco longevo, che con il trascorrere del tempo perde il suo carattere più fruttato ed immediato per guadagnare in complessità, eleganza e finezza, non è propriamente la cosa più semplice di questo mondo.
Al contrario, al di là di alcuni casi sporadici, è quasi impossibile “inventare” un bianco da invecchiamento senza l’aiuto di madre natura, oltre che di adeguata programmazione.
Solo alcuni terroir, caratterizzati principalmente da suoli di natura calcareo/marnosa e da climi freddi con elevate escursioni giorno/notte, ma soprattutto solo pochi vitigni a bacca bianca hanno le carte in regola per sfidare e sconfiggere il trascorrere inesorabile del tempo.
In Italia, paese che fino a qualche decennio fa considerava il vino quasi solo ed esclusivamente in un’ottica di consumo casalingo ed immediato, non c’è una grandissima tradizione di bianchi da invecchiamento, anche se è fuori di dubbio esistano alcuni vitigni nostrani che – in ragione delle caratteristiche sopra evidenziate – stanno sempre più dimostrando capacità evolutive fuori dal comune.
Tra questi – senza timore di essere smentito – tre emergono in maniera prepotente, distanziando nettamente il resto del gruppo: Timorasso, Fiano e Verdicchio.
Provo a raccontarveli in breve, cercando di far comprendere – nei limiti delle mie modeste capacità divulgative – caratteri e caratteristiche.
Timorasso
Il Timorasso è un vitigno autoctono della provincia di Alessandria (quindi parte meridionale del Piemonte) coltivato quali esclusivamente nella zona collinare intorno alla città di Tortona, in un'area geografica dove la vite trova un naturale habitat grazie alla perfetta combinazione di terreno, lungo soleggiamento e posizione riparata dai venti.
E’ una cultivar nota agli agricoltori del luogo fin da tempi remoti, ma che solo verso la fine degli anni ottanta e grazie all’impulso dato da alcuni produttori illuminati, in primis Walter Massa, si è tornati ad impiantare.
I risultati sono stati ottimi, al punto che in poco tempo si è addirittura ottenuto una DOC specifica (Colli Tortonesi Timorasso).
Da luogo a vini strutturati e dal tenore alcolico decisamente importante, con un carattere fruttato particolarmente spiccato in gioventù e caratterizzati da notevole longevità.
Personalmente, nel corso di questi anni di passione enoica ho avuto modo di assaggiare diversi Timorasso con di più di un decennio sulle spalle, i quali – al di là di note chiaramente più evolute – non avevano perduto praticamente nulla del loro grip gustativo originario.
Vini di nicchia, per certi aspetti rustici e non certo mostri di eleganza, ma con una vigoria ed un carattere che li rende particolari e decisamente apprezzati, specie dai bevitori più “evoluti”.
Il mio consiglio: Derthona - Walter Massa
Un vino che qualcuno definirebbe “base” ma che nella realtà è quasi illuminante, dato che esprime in maniera plastica ed evidente le caratteristiche di questo terroir. Un vino di pancia, un bianco potente ma al tempo stesso piacevolissimo, un punto di partenza imprescindibile per scoprire le potenzialità di questo vitigno.
Fiano
Un grandissimo vitigno, senza se e senza ma, coltivato in diverse zone della Campania ma anche – specie negli ultimi anni – in altre aree del nostro stivale enoico (soprattutto Puglia e Sicilia).
Una cultivar che ben si adatta alle condizioni in cui si trova a dimorare, ma che ha il suo habitat di elezione nella fredda e difficile Irpinia, in cui dà vita ad uno dei bianchi più importanti del nostro panorama nazionale (nonché, se proprio vi interessa, il mio preferito): il Fiano di Avellino.
Una delle pochissime DOCG del Sud Italia, a testimoniarne l’importanza ma soprattutto la qualità dei vini che vi si originano.
Al suo interno, al di là di stili produttivi abbastanza eterogenei, si possono ulteriormente evidenziare tre distinte sottozone (Lapio, Summonte e Montefredane), che danno a loro volta origine a vini con sfumature (e caratteristiche organolettiche) abbastanza diversi, anche se accomunati da spiccata acidità, importante mineralità e ottime capacità evolutive.
Il mio consiglio: Fiano di Avellino - Ciro Picariello
Un vino, oltre che un produttore, da sempre nel mio cuore, probabilmente l’espressione più conosciuta ed apprezzata dell’areale di Summonte. Buono fin da subito (aspetto non proprio scontato in questa denominazione), con delicate note di nocciola ed erba fresca ad accompagnare le classiche note del vitigno, sempre più minerale (a volte sulfureo) con il passare degli anni, ma senza mai perdere nerbo ed armonia.
Verdicchio
Un altro grande vitigno, probabilmente – ed al di là dei gusti personali – il più importante tra quelli a bacca bianca dell’intero stivale enoico, per qualità diffusa ma soprattutto per densità di interpreti di livello.
Per troppo tempo ha pagato in maniera negativa la notorietà derivante dal successo internazionale della famosa “bottiglia ad anfora”, che ne ha tratteggiato – specie presso il consumatore medio – un carattere di vino semplice e di facile beva.
Ma nella realtà è cultivar di grande potenziale, capace di esprimere – se pensata in un’ottica di qualità – vini notevoli, caratterizzati in gioventù da profumi fruttati e floreali (oltre che dall’immancabile chiusura amarognola), ma al tempo stesso molto strutturati e longevità.
Viene coltivato in diverse zone della penisola, ma trova il suo habitat di elezione nell’entroterra marchigiano, dove dà vita a due DOC di grande interesse (DOCG nella versione Riserva): il Verdicchio dei Castelli di Jesi ed il Verdicchio di Matelica.
Il primo è di norma più corposo ed alcolico, il secondo più fine ed elegante, pur mantenendo entrambi un’importante matrice comune.
Il mio consiglio: Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Campo delle Oche – Fattoria San Lorenzo
Tra tantissime etichette di livello, scelgo un Verdicchio prodotto da quella che ritengo – a torto o a ragione – la miglior azienda italiana in fatto di vini bianchi (escludendo le cantine cooperative altoatesine). Un vino splendido, un bianco “maschio” come pochi altri ma altresì ricco ed armonico. Rustico ma al tempo stesso elegante, un inesorabile e continuo “equilibrio sopra la follia”.
Grazie per l'articolo e i consigli sulle cantine. È bene ricordare che anche alcuni vini bianchi italiani invecchiati sono strepitosi
RispondiEliminaGrazie a te per la gentilezza cara Bianca!
EliminaE' sempre bene ricordare che, pur non essendo ai livelli dei cugini d'oltralpe, i nostri bianchi sono vini assolutamente rispettabili e di gran qualità!
Bellissimo articolo, piace molto anche a me il Fiano di Picariello, adoro il Fiano di Guido Marsella, vicino di Ciro e il Fiano di Sabino Loffredo a Montefredane. Complimenti!!!
RispondiEliminaCome darti torto, amico mio!
EliminaUn bel tris d'assi!
Ho "premiato" Ciro Picariello perchè il suo Fiano, oltre a costare qualcosina in meno rispetto agli altri due illustri colleghi, pur essendo altrettanto longevo è generalmente più pronto e piacevole in giovane età.
I vini di Marsella e Pietracupa, invece, molto spesso richiedono anni per esprimersi in maniera armonica.
Un abbraccio!
Bell' articolo che mi trova particolarmente d'accordo...
RispondiEliminaContento ti sia piaciuto.
EliminaUn abbraccio e alla prossima!
Sono d'accordo su tutta la linea e mi segno il Fiano indicato...
RispondiEliminaAdoro questo vini!!
Grande articolo.
Buon proseguimento
Grazie mille caro Anam!
EliminaContento tu abbia apprezzato l'articolo.
P.S. Non appena ti capita di provare il Fiano di Picariello, fammi sapere cosa ne pensi...
Puoi starne certo, me ne ricorderò ;)
EliminaBellissimo articolo! Tra l'altro io sono innamorata dei bianchi di qualche anno fa...il Timorasso, che è della mia zona, è davvero fantastico invecchiato, e ho assaggiato anche qualche Gavi dimenticato in cantina che non era niente male...😊
RispondiEliminaCome darti torto cara Vanessa.
EliminaAnche il Cortese di Gavi è un vitigno di tutto rispetto...
Grazie dei complimenti!
Bellissimo articolo. Non ho nulla da aggiungere perché sei stato diretto e preciso. Sono una grande sostenitrice dei vini bianchi da invecchiamento. Amo particolarmente lo Chardonnay e anche il Gewürztraminer oltre ovviamente a quelli che hai citato aggiungerei il Greco. Un vitigno che regala tante soddisfazioni.
RispondiEliminaGrazie mille dei suggerimenti per le cantine… dico la mia. Sui Riesling della Mosella....
RispondiEliminaAssaggiato vini di questa tipologia anche con 35 anni sulle spalle e le Note andavano ancora dal tropicali leggera naftalina e altro… Senza idrocarburi il famigerato TDN.... sappiamo tutti che questa molecola si sviluppa soprattutto con l’età… Dubbio....
sono arrivato alla conclusione che i vini della Mosella sono longevi perché li ammazzano con la solforosa , quindi si conservano di più ...
Argomento complesso questo, caro Paolo, che sarebbe da affrontare separatamente e con dovizia.
EliminaMi hai dato un bello ed interessante spunto per un prossimo articolo!
Un abbraccio e alla prossima!
Come sai sono un amante del Timorasso e di Vigneti Massa ho provato quasi tutti i vini che per me sono fantastici. Il panorama dei bianchi con potenziale di invecchiamento riserva grandi sorprese e negli ultimi anni mi ha appassionato parecchio consentendomi di scoprire delle vere e proprie chicche. Ottimi anche i Verdicchi che spesso rivelano delle eccellenze nascoste e poco conosciute ai più.
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