Guide del Vino: hanno ancora senso?
Ottobre. Periodo di vendemmia e di… uscita delle guide a carattere enoico.
Alzi la mano chi fra noi appassionati – in tempi più o meno recenti – non ne ha acquistata (e letta) una, oppure non è mai andato a cercare i vini da esse premiati in qualche sito specializzato?
MA AD OGGI, NELL’ANNO DEL SIGNORE 2020, HANNO ANCORA RAGIONE DI ESISTERE, AL DI LÀ DEI LEGITTIMI INTERESSI ECONOMICI DI CHI LE PUBBLICA E DI CHI LAVORA PER ESSE?
Prima di entrare più nel dettaglio della questione due doverose premesse, una di carattere generale, l’altra di carattere personale.
La prima è che qualsivoglia Guida a carattere enoico – italica e non solo - è curata da persone di grande competenza e capacità, in ogni caso smisuratamente superiore alla mia. Quindi, non mi permetto di sindacare le singole scelte, al di là delle mie convinzioni personali e delle mie affinità verso una o l’altra guida in particolare.
La seconda è che amo i numeri ed ogni
forma di classifica, quindi di base sono sempre stato affascinato – spesso al
limite dell’attrazione magnetica – dalle guide del settore. Ancora oggi, dopo parecchi anni dalla mia
iniziazione al mondo del vino, non manco di guardare le liste di Tre Bicchieri,
Cinque Grappoli e Faccini vari, oltre che le classifiche dei vari siti
americani.
Luigi Veronelli, il padre nobile della critica enologica italiana
Detto ciò, dovrei essere – per convinzioni e per background personale – un loro deciso sostenitore, ma nella realtà, ogni anno che passa mi convinco che la loro utilità, ai miei occhi ma soprattutto in generale, sta via via scemando.
Questo per una serie di fattori, in parte “evolutivi” e contro i quali non credo ci sia molto da fare, ma anche (a mio modesto avviso) per alcuni errori fatti in passato e che – purtroppo – si continua a commettere.
All’interno dei fattori “evolutivi” c’è – sostanzialmente – il fatto di essere praticamente tutte cartacee, quando invece al giorno oggi sempre meno persone hanno il tempo – ma più probabilmente la voglia – di leggere un libro “vero”, preferendo l’immediatezza delle informazioni sul web.
Viviamo in un mondo basato sull’impostazione del “tutto e subito”, e pertanto viene naturale pensare che se cercassi un’informazione su un vino – avendo a disposizione il mio smartphone – per quale motivo dovrei prenderle da un libro, che probabilmente (qualora l’avessi comprato) non ricorderei nemmeno dove ho messo?
Ma al di là di questo importante aspetto tutto l’universo che ruota intorno alle Guide – ma più in generale la critica enoica, specie italiana – non può non riconoscere alcuni errori, o meglio dei comportamenti che reiterati nel tempo hanno finito per limitare l’autorevolezza di un intero sistema, togliendo ulteriore credibilità allo strumento della Guida.
Fabio Rizzari e Ernesto Gentili, storici curatori della vecchia (ed assai rimpianta) Guida dell'Espresso
Tra questi, mi permetto di segnalare:
- UN ATTEGGIAMENTO SPESSO OSSEQUIOSO VERSO I PRODUTTORI, MA IN PIÙ GENERALE POCO SENSO CRITICO. Una cosa è denigrare ed offendere il lavoro di chi il vino lo produce (cosa profondamente sbagliata e scorretta), ben altra è muovere critiche oggettive qualora un vino non si esprima al suo meglio, o più in generale se una certa annata non fosse stata gestita al meglio da un determinato produttore
- LISTE DEI VINI PREMIATI (DA QUESTA O QUELLA GUIDA) UN PO’ SEMPRE UGUALI ANNO DOPO ANNO. D’accordo che ogni critico ha le sue opinioni e le sue preferenze personali, ma è mai possibile che ogni volta i migliori vini, quelli che meritano un certo riconoscimento o un certo punteggio, che oltre tutto si dice vengano spesso giudicati alla cieca, siano sempre gli stessi? Davvero vogliamo far credere a chi legge che – per fare un esempio – tra un Barolo 2014 ed un 2015 dell’azienda XXX non ci sia differenza?
- UNA SCARSA RICERCA ED ATTENZIONE VERSO NUOVI TERRITORI O COMUNQUE POCA CAPACITÀ ANTICIPO DI TENDENZE, aspetto a mio avviso fondamentale – specie in un paese “ricchissimo nella diversità” come il nostro – e che a voler essere onesti fino in fondo non è comune a tutte le guide
- UN MODO DI SCRIVERE UN PO’ TROPPO RIGIDO E PER CERTI VERSI SUPERATO, BASATO QUASI ESCLUSIVAMENTE SULLA DEGUSTAZIONE SERIALE – QUASI STILE “CATENA DI MONTAGGIO” – DELLE VARIE ETICHETTE. Con questa impostazione la lettura diventa sempre uguale e ripetitiva, e tende a stancare molto presto il malcapitato lettore. Forse sarebbe più interessante – a fianco della degustazione – aggiungere informazioni sull’annata, su come il produttore l’ha saputa gestire e su cosa esso si aspetta da essa.
Ecco, forse in questi ultimi due aspetti c’è il nodo della questione, ma al tempo stesso un’indicazione della via che sarebbe opportuno seguire.
Non potendo competere con gli strumenti digitali in quanto a immediatezza di informazioni, le guide dovrebbero sempre più trasformarsi in un vero e proprio libro che – con la “scusa” di giudicare i vini – sia in grado di articolare ragionamenti di ben altra complessità, anticipando ed indirizzando le tendenze enoiche e facendosi inoltre veicolo di trasmissione delle storie, dei dubbi, delle speranze e delle opinioni di coloro che il vino lo producono.
Solo così – forse – potranno riacquistare l’autorevolezza e la dimensione che hanno da tempo perduto.
Sono un'ammiratrice del cartaceo e delle guide in genere. Per le enoiche preferisco quelle in cui si parla soprattutto del territorio e dei produttori, non indicando solo quelli premiati. Se scritte così secondo me c'è sempre qualcosa di bello da scoprire.
RispondiEliminaIl mio è il punto di vista del produttore. Di un piccolo produttore. Essere piccoli in Italia significa sentirsi soli e nani. Le guide nel nostro caso, sono fonte di grande soddisfazione e iniezione di fiducia nel nostro lavoro. Se poi le degustazioni sono alla cieca oppure no, a me non importa, mi prendo il mio premio e me lo attacco in cantina. Poi lo guardo spillando il vino dalla botte e penso: forza dai, speriamo di fare un buon vino, ho ancora uno spazio da riempire
RispondiEliminaGrande Ago, ormai certe guide e soprattutto certe valutazioni sono sempre più spesso fini a se stesse. Debbo peraltro confessarti che, dopo aver fatto del vino una passione, più assaggio e meno mi riconosco in un certo stile che poi alla fine è figlio di un gusto personale e quindi è soggettivo. Frequentemente poi si leggono recensioni cerebrali in cui non si percepiscono le emozioni e i sensi, che a mio avviso sono fondamentali per apprezzare un vino. Alcuni punteggi possono talvolta guidare nella scelta di un vino che non si conosce, ma la scoperta e la curiosità si gustano di più se sono libere da condizionamenti.
RispondiEliminaConcordo in toto amico mio.
EliminaIl tuo è il punto di vista di quello che mi piace definire "l'appassionato di lungo corso", che dopo un lungo (e continuo) percorso di assaggi - di grandi scoperte ma anche grandi delusioni - ha raggiunto la pace dei sensi enoica, e rche sa scegliere e giudicare, senza preconcenti e condizionamenti, il vino che si ritrova nel bicchiere. Prosit!!!