Michele Perillo: Il Suono del Silenzio
Devo ammetterlo. Mi piace chiacchierare con i produttori.
Mia moglie dice che faccio troppe domande, che rompo le scatole, che sono
pesante e a volte inopportuno. Probabilmente è vero, ma non posso farci niente.
Quando me li trovo davanti, specie quelli che mi interessano e di cui apprezzo i vini, come un tempo capitava ai tori nell’arena vedo rosso, e non riesco a fare altro che attaccare a testa bassa.
Al tempo stesso ho un debole – a dire il vero mai nascosto – per i vini di Michele Perillo. Mi piacciono proprio, senza se e senza ma, anche se per un motivo o per un altro non sono mai riuscito ad andare a trovarlo nella sua cantina (in merito a cui leggenda vuole che un tempo, nemmeno troppo lontano, non fosse altro che il garage di casa…).
Per questo, non appena – qualche tempo fa – lessi che avrebbe partecipato ad un evento vicino a dove vivo, in men che non si dica acquistai i biglietti, ed alla data stabilita - in perfetto orario se non addirittura in anticipo – eccomi davanti la sede della manifestazione, più precisamente davanti al suo banchetto di degustazione.
Però, più che assaggiare le bottiglie che mi si paravano davanti agli occhi volevo parlare con lui, carpire ogni sfumatura del suo sapere, respirare il profumo del terroir irpino e, perché no, arrivare a comprendere il segreto dei suoi vini.
Quello che segue è (più o meno) il testo integrale del dialogo avuto. E’ passato del tempo ma ancora lo ricordo bene.
Io: "Buongiorno"
Michele: "Buongiorno"
Io (Attacco alla larga, sperando di coinvolgerlo nel discorso e di farlo parlare di sè e del suo mondo): "E’ davvero un grande onore conoscerla. Per me i suoi Taurasi sono tra i migliori della denominazione, grandi esempi di rossi del Sud lontani anni luce dagli stereotipi e da quella critica che vorrebbe omologare tutto…"
Michele (Mi guarda, annuisce poco convinto e quasi senza sorridere mi versa il primo vino della batteria, un Taurasi 2009)
Io: (Ho i primi segnali di sbandamento, ma non demordo. Dopo aver accennato ad una degustazione gusto/olfattiva di circostanza, riparto all’attacco) "Molto interessante. Le faccio i miei complimenti per la gestione di un’annata difficile come 2009. Davvero un vino equilibrato, sempre molto profondo ma addirittura più aperto ed espressivo di quello che mi sarei atteso"
Michele: "Eh, si" (Mi guarda nuovamente, accenna un timido sorriso e mi serve il secondo vino della fila, un Taurasi Riserva 2007)
Io (Sono sempre più disorientato. Forse abbozzando una degustazione “volante” gli ho dato l’impressione di essere uno con la puzza sotto il naso, ed ho finito per indispettirlo. Allora assaggio in maniera più risoluta e provo un approccio diverso, più diretto): "Devo ammettere che anche questo è un grande vino, con caratteristiche diverse dal precedente ma comunque un grande interprete del territorio. A me sembrano figli di due annate abbastanza lontane, o sbaglio?"
Michele: "Sono annate diverse, poi questo è una Riserva, è ancora differente. Vuole assaggiare anche l’altro (un Taurasi Riserva 2004, ndr…)?"
Io: (Ho perso, ho finito le cartucce, non ho trovato il modo di dialogare con lui. Faccio buon viso a cattivo gioco e senza molti convenevoli tracanno il vino che mi ha appena servito) "Davvero eccellente. Complimenti per tutto e arrivederci"
Mi dileguai in fretta, deluso e pensieroso, ed appena fuori tiro cominciai con tutta una serie di ragionamenti (meglio definibili come “pippe mentali) sui differenti caratteri delle persone, sugli approcci più corretti da avere e via discorrendo.
Ad un certo punto, però, qualcosa mi scosse dal torpore. Erano ormai passati cinque minuti. In bocca avevo ancora il gusto ed il sapore del vino. Non era andato via, era rimasto lì, serioso ed immobile come chi me l’aveva servito.
Finalmente capii.
Il vino che avevo bevuto, il liquido di cui ancora avvertivo il gusto, si era mostrato per quello che era: figlio prediletto di chi lo aveva pensato, prodotto e poi protetto in tanti anni di affinamento, espressione di colui che solo quando lo aveva ritenuto pronto lo aveva fatto uscire dal suo guscio, facendogli spiccare il volo.
Il suo era il suono del silenzio, "The Sound of of Silence", lo stesso della meravigliosa e leggendaria canzone scritta da Paul Simon nell'ormai lontano 1964.
Non servivano parole, non quella volta.
P.S. Qualche sera fa ho avuto la fortuna di aprire un suo Taurasi Riserva 2006.
Un’esperienza sublime, un nettare vicino alla perfezione (se davvero esiste), che mi ha riportato alla mente le sensazioni provate in quell’occasione.
Il giudizio, in questo caso, è solo un orpello, quasi un esercizio di stile.
Taurasi Riserva Perillo 2006
Giudizio personale: 96/100
Uvaggio: 100% Aglianico
Affinamento: Variabile in funzione dell’annata. Generalmente almeno 20 mesi tra botte e barrique, poi svariati anni in bottiglia prima della commercializzazione
Fascia di prezzo: 45-55€
DEGUSTAZIONE
👀 Granato, non intensissimo, buona densità
👃Pulito ed intenso. Media complessità ma estremamente fine e profondo. In sostanza, il “solito” stupendo manifesto dell’Aglianico. Ciliegia matura, note di cenere/fumè, tabacco, leggera speziatura, sfondo balsamico (eucalipto) che con il tempo si impadronisce sempre più della scena
👄Semplicemente spettacolare, di corpo importante ma non eccessivo e di una gioventù quasi sfrontata (impensabile per un vino di quasi 15 anni). Al tempo stesso grande equilibrio tra acidità, sapidità e morbidezza ed una piacevolezza mirabile. Tannino presente pur senza essere invadente. Persistenza super, finale in ulteriore ed inarrestabile progressione, con il gusto ed il sapore del vino a rimanere in bocca per in interi minuti. Alcol (14.5%) tenuto magistralmente a bada, al punto che non se ne percepisce nemmeno l’ombra.
Interessante il tuo post, più ancora quello precedente su Taurasi.
RispondiEliminaLa mia esperienza di non addetto ai lavori si sostanzia in una visita alle cantine Caggiano, presente il titolare, risalente agli ormai lontani primi anni 90. Allora la cantina non aveva l'attuale notorietà ; ricordo che già produceva il fiagre', che a dire il vero non mi fece una grande impressione, non così il Taurasi che mi piacque molto.. Suggerivi il poliphemo di Tecce .. Comprate 3 bottiglie 2012, la prima mi ha un po deluso. Forse non semplice da valutare.. Mi è sembrato di salire in groppa ad un cavallo imbizzarrito e venire subito disarcionato . Tre ore di decantazione non hanno fatto granché . Vabbe aspetterò per le altre e proverò Perillo . Un saluto
Salute carissimo Alessandro.
EliminaTecce e Perillo hanno due stili molto diversi tra loro, ma al tempo stesso producono enrrambi vini dal grande fascino.
Infatti i vini di Tecce sono veraci, carnali, veri e propri "cavalli imbizzarriti" (come li hai giustamente definiti), soprattutto in giovane età, in grado di pulsare materia ed energia come pochi altri eguali.
Inoltre, essendo vini profondamente "contadini" possono capitare bottiglie meno performati di altre, o comunque una qualità non proprio unforme.
I Taurasi di Perillo, invece, pur mantenendo una profonda vena territoriale ed un leggero tocco artigianale, risultano decisamente più lineari ed eleganti, oltre che di grande profondità e coerenza gusto-olfattiva. Infine, anche il fatto che quest'ultimo decida di far uscire le sue bottiglie molti anni dopo l'imbottigliamento (quindi quando le ritiene pronte) gioca a suo ulteriore vantaggio.
Grazie mille per averti letto e commentato. Alla prossima!!!
Grazie per la descrizione ed il consiglio, sicuramente un ottimo vino da degustare. Personalmente, se capisco che il produttore è di poche parole, non insisto con domande, cerco di capire qualcosa attraverso il vino ��
RispondiEliminaCiao cara Bingasommelier!
EliminaE' questa una "prassi" che di norma utilizzo anch'io, ma in quell'occasione la smania di trovarmi davanti uno dei miei produttori preferiti mi ha giocato un brutto scherzo...
Per il resto, se non l'hai ancora fatto ti consiglio di assaggiare qualche suo Taurasi...poi fammi sapere cosa ne pensi!!!
Un salutone e grazie di cuore per averci letto e commentato.
Anch’io non resisto a fare un mucchio di domande.... più che altro sui macchinari e su stabilizzazioni resa /Ha e resa in vino .... ma quando un vino è emozionante, mi sembra logico volere sapere tutto...
EliminaRiguardo al produttore, molte volte hanno i loro problemi, non tutte le giornate sono uguali...
Andai da un produttore qui vicino, che Faceva uno dei miei vini preferiti, quel giorno non spiaccicó una parola... che tipo strano mi domandai .... l’anno dopo, tutto il contrario.... fette di salame a nastro, una quantità notevole di bottiglie aperte e super affari all’acquisto....
Salute carissimo Paolo! Le giornate storte capitano a tutti, ci mancherebbe altro! Ma in questo caso credo dipendesse più da un aspetto caratteriale.
EliminaIn ogni caso, come ho scritto, per lui hanno parlato (e continuano ogni volta a parlare) i suoi vini.
Grazie mille per averci letto e commentato...alla prossima!!!
Ha voltuto che parlasse il vino a posto suo e ci è riuscito. Mi sembra di aver capito... Anch'io sono una da mille domande perché non c'è miglior studio che parlare con il produttore.
RispondiEliminaAnche se non tutti sono loquaci.
Complimenti per la degustazione
Ciao cara Silvia! Hai cercamente centrato il punto della questione...ha lasciato che a parlare fossero i suoi vini, cosa che hanno puntualmente fatto!!! Per il resto, noi enoappassionati siamo fatti così, ci piace chiedere e fare mille domande. Ma d'altro canto, se non facessimo così, se ci limitassimo a bere in silenzio, potremmo realmente considerarci appassionati? Per me - evidentemente - no, anche perchè il vino non è solo il contenuto della bottiglia, ma anche (e soprattutto) storie, di grandi territori e delle persone che producono questo meraviglioso nettare.
EliminaGrazie per averci letto e commentato. Continua a farlo!!!