I miei territori del Vino (2) – la Barbagia ed il Cannonau
I nostri vini
sono ciò che sono, non ciò che vuoi che siano
(Alessandro Dettori)
(Alessandro Dettori)
Premessa doverosa: chi di voi pensando alla Sardegna immagina solo estate e mare – fantastico, per carità – o la associa alle feste tutte lustrini e magnum di champagne che animano le notti di Porto Cervo o Porto Rotondo, potrebbe anche chiuderla qui e non andare avanti nella lettura del post.
Ho detto potrebbe ma è meglio che prosegua, perché se
smettesse di leggere perderebbe l’occasione di conoscere l’altra Sardegna,
quella più autentica e viscerale, quella ricca di tradizioni arcaiche che
affondano la loro genesi nella notte dei tempi, quella dei pastori, dei nuraghi
e dei Mamuthones.
Centro geografico ma anche cuore pulsante di questa
Sardegna “alternativa ma non troppo” è senza dubbio la Barbagia, terra brulla e
per certi aspetti inospitale, quasi dimenticata da Dio, luogo di montagne e di numerosi
anfratti che nei decenni scorsi, quando in zona era assai fiorente un altro di
impresa (quella dei sequestri…), erano spesso il set scelto da questi
imprenditori per tenerci la “merce”.
La Barbagia, però, è anche territorio di estremo
interesse, con importanti e riconosciute tradizioni culturali (ad esempio e piena
di prodotti gastronomici di primissimo livello (come il famoso e da molti
vituperato “casu marzu”, un formaggio di pecora o capra che viene fatto
appositamente “colonizzare” dalle larve di un particolare insetto noto come
mosca casearia), ma per noi enofili è soprattutto la culla del Cannonau, il
luogo dove questo vitigno – quasi certamente autocnono anche se dal punto di
vista ampelografico identico alla Grenache, ricchissimo di corpo e con tenore
alcolico “naturale” quasi da Guinness dei primati - esprime ai massimi livelli
le sue potenzialità.
Qualcuno – a questo punto della storia - potrebbe
obiettare che il Cannonau sia coltivato praticamente in tutta la regione, dagli
altopiani del Sassarese fino alle pianure del Campidano passando per le terre
“sabbiose” del Sulcis. E’ vero, ed aggiungo anche con buon risultato e
successo.
Ma soltanto in questa zona, ed in particolare nel comune
di Mamoiada, il Cannonau viene storicamente vinificato in purezza e per una
serie di fattori – in primis ambientali ma anche per precise scelte agronomiche
e di cantina – diventa un tutt’uno con la terra da cui ha origine, assumendo le
sembianze ed il carattere degli stessi abitanti del luogo.
Un gigante buono, mi verrebbe da definirlo: burbero, arcigno,
incrollabile, forte e poderoso ma al tempo stesso dolce e suadente.
In pochi altri vini al mondo riscontro una così
totalitaria corrispondenza con coloro che lo producono, artigiani che (quasi)
mai cercano le luci della ribalta ma che però portano avanti le loro idee con
grande fierezza ed incrollabile convinzione.
La frase che da sola illustra il credo di un’intera
comunità è quella che ho inserito all’inizio del post. E’ di un produttore
sardo anche se non di questi luoghi (e che tra l’altro produce vini
incredibili, assimilabili per caratteristiche agli stessi Cannonau di Mamoiada)
e per me rappresenta il manifesto di questa “filosofia”: i vini che fanno sono
espressione fedele della loro terra, non hanno né voglia né interesse a seguire
le mode o cercare i consensi di questo o quel critico. Se piacciono bene,
altrimenti non fa niente, perché la loro più grande soddisfazione sta nel portare
avanti le tradizioni dei luoghi natii, nel vino così come in ogni aspetto della
vita.
Sembrerebbe una cosa semplice da fare, ma in un mondo
in cui tutto è business, in un momento storico in cui si è disposti a
calpestare tutto – dai nostri ideali (semmai ne avessimo…) alle persone che ci
sono vicine in nome del denaro e del successo, la “resistenza” culturale di
questa comunità – di persone prima che di produttori, non può non avere il mio
rispetto, il mio encomio, la mia ammirazione.
Cannonau Mamuthone – Giuseppe Sedilesu (Mamoiada)
Un grande classico, una bottiglia che già dall'etichetta trasuda tradizione e tipicità, un punto di partenza imprescibile per iniziare a conoscere ed amare i vini di Mamoiada
Cannonau Riserva Barrosu – Giovanni Montisci (Mamoiada)
L'eecellenza in una bottiglia. Tutto il carattere della gente di Barbagia - espresso già nel nome Barrosu, che in dialetto locale vuol dire "testardo" - unita ad una profonditò ed una finezza quasi impossibile da trovare a queste latitudini.
Cannonau Riserva Perdas Longas – Francesco Cadinu
Ricco, strutturato e dalle mille sfaccettature. Un'etichetta prodotta solo in annate particolarmente favorevoli ed in quantità risilibi (600bottiglie/anno), in grado di raccontare come poche altre l'autenticità della terra da cui trae origine
Cannonau di Sardegna sottozona Nepente d'Oliena.
RispondiElimina"Non conoscete il Nepente d'Oliena neppure per fama? Ahi, lasso! Io son certo che, se ne beveste un sorso, non vorreste mai più partirvi dall'ombra delle candide rupi". Cosi gli canta le lodi G. D'annunzio dopo la sua sosta Barbaricina, diventando il vino rosso più amato dal Vate.
Un vino quale si sono infiltrate tutte le essenze della Barbagia, il mirto, il corbezzolo, il cisto, il lentischio”. Per capire le origini del nome, bisogna risalire al greco: “ne” sta per negazione e “penthos” significa tristezza. “Nessuna tristezza” quindi, con la parola utilizzata fin dall’antichità per descrivere vini che riuscissero a portare felicità e benessere.