Riflessioni sul futuro (prossimo) della ristorazione



Con buona probabilità tra qualche mese – o poco più – ci lasceremo questo periodo alle spalle, e per tutti noi sarà come risvegliarsi da un brutto incubo, come un’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri. Torneremo a vivere la nostra vita di tutti i giorni ed a fare le cose che più ci piacciono ed interessano.

Nel frattempo, però, nonostante il cuore vorrebbe arrivare a tutt’altre conclusioni, la logica e la ragione ci portano verso una serie di riflessioni e previsioni – in ambito economico - tutt’altro che rosee, specialmente per ciò che riguarda turismo e ristorazione.

Infatti, al di là della retorica populista, considerato che non viviamo (purtroppo o per fortuna) nel mondo ideale, ma su una Terra che ogni giorno – in maniera diversa – ci sbatte in faccia la realtà delle cose, abbiamo il fondato timore che tutta una serie di attività, in particolar modo quelle che basano la loro stessa esistenza sulla socialità e sui rapporti interpersonali (come i ristoranti) non riusciranno a ripartire solo perché il governo ne permetterà la riapertura per decreto.

Al giorno d’oggi non si va certo in vacanza perché obbligati, o al ristorante perché si ha fame o perchè non si ha nulla da mangiare a casa. Si esce perché è fonte di piacere, momento di condivisione e spensieratezza. Tutte cose che molto difficilmente (per usare un eufemismo) potranno esserci in questa fase transitoria, in cui la paura del contagio sarà presente in ogni nostra azione, in ogni nostro comportamento, in ogni gesto quotidiano.

E pertanto, che senso ha andare al ristorante se – gioco forza - non si può parlare liberamente ed in tranquillità con gli altri commensali, se non si possono condividere i piatti o un calice di vino, se non ci si può fermare a scambiare quattro chiacchiere con il cameriere o con il proprietario del locale?

Noi, in tutta onestà, facciamo veramente fatica a capirlo.

Anche perché, nel caso in cui quanto prospettato non avvenisse, ossia tutti noi ricominciassimo ad uscire e comportarci come prima, andandocene liberamente in giro per ristoranti e per locali, a meno di miracoli (che purtroppo non accadono spesso come vorremmo) nel giro di pochissimo tempo ripiomberemmo nell’emergenza sanitaria più totale, cosa che imporrerebbe un nuovo – e a quel punto apocalittico – lockdown di tutte le attività produttive.

Inoltre, altro aspetto assai poco trascurabile, le ferree regole e le procedure di sicurezza ed igiene che i ristoratori saranno necessariamente obbligati a rispettare e far rispettare porteranno ad un ulteriore innalzamento dei costi di gestione, che sommati ai minori incassi indotti dal distanziamento obbligato (quindi meno coperti rispetto a quelli che c’erano prima) e dal fatto che - per i motivi di cui sopra - inevitabilmente ci saranno molti meno clienti, renderanno in moltissimi casi (quelli a minore marginalità) l’attività economicamente insostenibile.

In soldoni, un ristorante con ampi spazi all’aperto a disposizione o un ristorante “stellato” potranno sopravvivere a questi mesi difficili, ma davvero ci risulta difficile pensare come possano adeguarsi ai protocolli di sicurezza (assolutamente necessari, si intende) e contemporaneamente mantenere un ben che minimo profitto tutta una serie di attività ristorative come piccole trattorie o pizzerie che lavorino poco con l’asporto.

Per tutte queste considerazioni, anche se comprendiamo e capiamo le richieste di ripartenza immediata del mondo della ristorazione (che per di più si porta dietro in indotto di fornitori tutt’altro che indifferente), nutriamo seri dubbi che il settore possa riprendere a breve la sua marcia.

Per questo, sarebbe importante che tutti prendessero atto della realtà (brutta quanto vogliamo ma tant’è…), ossia che fino a quando non verrà trovato e diffuso un vaccino - o fino a che il virus non sparisca - qualsivoglia attività che presupponga socialità ed assemblamento di persone saranno fortemente limitate e quindi penalizzate economicamente.

E soprattutto, in ragione di ciò sarebbe di fondamentale importanza che il governo pensasse ad ulteriori ed efficaci strumenti di tutela e sostegno del settore, prima che sia davvero troppo tardi.

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