Degustazione cieca, consigli per l’uso

Premessa doverosa: riconoscere i vini alla cieca non è l’abilità più importante – e soprattutto gratificante – tra quelle che si imparano nei corsi o nel corso di anni di assaggi.

Non lo è per i sommelier, né tantomeno può esserlo per coloro i quali il vino è “soltanto” una grande passione.

Quindi, se state pensando di iniziare un percorso di formazione in materia con l’obiettivo di diventare dei “piccoli” Luca Gardini (il rabdomante del vino, l’uomo con il super-potere di riconoscere qualsiasi etichetta gli si pari davanti), per me avete sbagliato strada.

Datto ciò, è però innegabile che la degustazione “cieca” di un vino (quindi assaggiarlo senza sapere cosa si ha nel bicchiere) abbia un fascino tutto suo, un’aura quasi mistica, che rende questo esercizio un rito quasi irrinunciabile, quantomeno una volta ogni tanto.

Per alcuni soggetti – di norma i più vanitosi – rappresenta un modo “evidente” per dimostrare le proprie abilità e conoscenza in materia, anche se il più delle volte, date le numerose variabili in gioco finisce per essere un’occasione per fare figuracce, prendendo delle toppe a volte anche clamorose.

Dal mio punto di vista personale, fatta un’ulteriore premessa – ossia che riconoscere un vino alla cieca non è la cosa più semplice del mondo (almeno in linea generale) – ritengo che sia comunque un esercizio di sicuro interesse, per “allenare” il palato ma soprattutto la testa a ragionare partendo da un qualcosa a noi completamente ignoto.


Infatti tutti noi, in quanto esseri umani, subiamo – volontariamente o meno – dei condizionamenti in qualsivoglia attività che facciamo o scelta che ci troviamo a prendere, e l’assaggio di un bicchiere di vino non fa certo eccezione.

L’etichetta, la sua fama, il suo prezzo ma anche le opinioni e i giudizi altrui, sono tutti aspetti che – inevitabilmente – finiscono per influire in maniera inconscia sulla nostra valutazione.

Quante volte abbiamo cercato giustificazioni (in alcuni casi anche bizzarre) a vini blasonati ma al tempo stesso palesemente difettati o senza quel quid che una bottiglia di livello dovrebbe possedere, oppure gli abbiamo assegnato giudizi elevati nonostante non fossero – evidentemente – ancora pronti?

Al contrario, quando ad essere “problematici” o ancora acerbi sono vini di rango inferiore, ci facciamo le stesse domande o li bolliamo in men che non si dica come delle schifezze?

La risposta è nella domanda, ed il motivo è solo ed esclusivamente che sappiamo cosa stiamo bevendo.

Non saperlo, invece, azzera completamente ogni forma di condizionamento esterno, e ci predispone in maniera serena all’assaggio di un vino ed alla sua successiva valutazione.

A questo punto, però, potrebbe sembrare che degustare alla cieca sia l’unica strada per “l’obiettività enoica”.

In buona parte è vero, ma per farlo nella maniera più corretta possibile, è però importante seguire – e rispettare - alcuni accorgimenti, senza i quali si corre il rischio di finire in un campo senza regole, dove l’unica forma di giudizio possibile è quello soggettivo.

Ad esempio, qualora volessimo confrontare (cercando di riconoscere) vini di tipologie differenti, sarebbe opportuno sceglierli di buona qualità, e soprattutto tra quelli di produttori che (almeno in linea generale) tendono a rispettare le caratteristiche varietali ed il territorio.

Se si assaggia un Barolo scuro e fruttato quasi come un Montepulciano d’Abruzzo (e ce ne sono in giro…), riconoscerlo sarà impresa impossibile, ai limiti del soprannaturale.

Invece, qualora volessimo fare una vera e propria comparazione tra vini, al fine di giudicarne la qualità e farne una sorta di classifica, sara estremamente importante:

a.   sceglierli tutti di una stessa tipologia, oppure, se questo non fosse possibile, tra vini aventi caratteristiche similari o comunque comparabili. Bere un Amarone della Valpolicella a fianco di un Borgogna e doverli poi metterli in classifica non ha molto senso, perché al di là del loro valore oggettivo sono così profondamente diversi da rendere il giudizio solo ed esclusivamente soggettivo

b.   limitare l’effetto indotto dall’annata, scegliendo quindi vini tutti di un’annata analoga oppure – ancora meglio – provenienti da annate molto simili per caratteristiche, altrimenti, sempre a seconda dei propri gusti personali, si correrebbe il rischio di preferire vini provenienti da annate più calde/siccitose o da quelle più fredde/piovose

Fare infine un mix tra i due tipi di degustazioni, ossia assaggiare vini differenti per tipologia e volerne fare una classifica, ha invece una valenza pressoché nulla, perché il confronto tra bicchieri profondamente diversi per struttura e punti di forza/debolezza rende il paragone impossibile ed insensato, riportandolo nuovamente nella sola sfera del gusto personale.

In tal caso, degustatore meno esperti tenderanno ad apprezzare maggiormente vini più morbidi e corposi, mentre quelli più navigati tenderanno a premiare l’equilibrio e l’eleganza.

Come vada poi impostata – dal punto di vista tecnico – una degustazione cieca, quali aspetti prendere in considerazione per “indovinare” denominazione e/o vitigno, oltre che giudicarne in maniera oggettiva la sua qualità ed il suo valore è poi un ulteriore (e molto vasto) argomento di conversazione e discussione, e penso meriterà in futuro un articolo a parte.

Anche se, al di là del fascino di questa tipo di assaggio, l’aspirazione a cui dovrebbe tendere ogni eno-appassionato dovrebbe essere di giudicare con imparzialità ed obiettività vini di cui si conosce praticamente tutto, al fine di valutarne qualità intrinseca ma anche coerenza, rispetto del terroir e delle caratteristiche dell’annata.

Commenti

  1. Non è sicuramente facile, però è sempre una sfida che ogni appassionato di vini ogni tanto dovrebbe intraprendere 😊

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    1. Assolutamente d'accordo con te cara Bingasommelier! Al di là del suo "fascino", è una pratica di elevata complessità, che richiede grande attenzione oltre che tanti anni di assaggi ed esperienza.

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  2. Mi piacciono i blind testing.
    Come hai detto te ci lasciamo spesso condizionare dall'etichetta rendendo il giudizio esclusivamente soggettivo. Oltre il fatto che togliendo il senso della vista aguzzi di più gli altri e non ultimo (almeno riguarda me) ti prendi più tempo che in questa vita frenetica non guasta!

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    1. Esattamente cara Silvia.
      La degustazione alla cieca senza dubbio "rallenta" la degustazione, diluendo al tempo stesso il tempo che dedichiamo all'assaggio.
      Il condizionamento (inconcio o meno) che subiamo nel momento in cui ci troviamo ad assaggiare un vino di cui conosciamo tutto è evidente, oltre che innegabile, ma con il passare degli anni - se si è predisposti in maniera naturale all'onesta intellettuale - credo si possa ridurre al minimo.

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  3. Onestà intellettuale ed assenza di condizionamenti. Qui casca l'asino degli esperti improvvisati. Dal mio punto di vista l'applicazione più interessante del blind tasting non è su verticali o uvaggi, ma sulla qualità ed il valore del vino, indipendentemente dal suo prezzo.

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    1. Su quest'ultimo aspetto mi trovi un pò in disaccordo caro Andrea, perchè se non ricondotta su binari ben delinati (quindi su vini appartenenti tutti ad una certa tipologia o con caratteristiche similiari) finisce per essere solo un gioco, ossia quello di indovinare il vino, che ha però ben poca attinenza con il valutare la qualità di un vino.
      Onestamente, ha senso paragonare il valore di un Carema a fianco di un Montepulciano d'Abruzzo (eventualmente bello strong e "barricato") o di un Sagrantino? Per me no...

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