I miei territori del Vino (5) –Montefalco ed il Sagrantino


Eccoci arrivati alla fine del percorso che mi ha portato a raccontare (e raccontarvi) i miei territori del vino.

Tanti luoghi, tante persone, mondi di per sé lontani ma uniti nella condivisione del concetto di vino come tutt’uno con il territorio di appartenenza.

E dopo aver raccontato il luogo della mia iniziazione al vino che conta (Montalcino), per chiudere idealmente il cerchio mi è sembrato coerente terminare con quello che ad oggi rappresenta – temporalmente parlando - il mio ultimo viaggio “enologico”, ossia Montefalco.

Un borgo conosciuto come la “ringhiera d’Italia”, dalla cui sommità si può godere di un meraviglioso panorama della valle sottostante, ma soprattutto un luogo che – come pochi altri – è divenuto nel tempo un tutt’uno con il suo storico vitigno e con il vino che da esso se ne origina: il Sagrantino.


Un vitigno molto particolare, autocnono umbro ma dalle origini tuttora incerte (anche se la teoria più accreditata lo vuole originario della Grecia ed importato in zona da monaci bizantini), che al giorno d’oggi è coltivato solo ed esclusivamente nella zona di Montefalco e dei suoi comuni limitrofi.

Un’uva che dà origine ad un vino senza compromessi, scuro ed impenetrabile come la pece e con un naso mai completamente aperto ed espressivo (ombroso come la regione da cui proviene), amato da alcuni ma al tempo stesso detestato da altri a causa del suo contenuto polifenolico e soprattutto tannico da guinness dei primati.

Una caratteristica evidente al punto tale che, fino a qualche decennio fa, il Sagrantino era prodotto e commercializzato solo nella versione “passita” (tra l’altro anch’essa molto buona e quotata), in cui l’elevato residuo zuccherino era in grado di mitigarne l’irruenza e quindi consentirne la beva.

Non credo infatti esista al mondo un vino che in giovane età sia così marcato dai tannini, fattore che di base obbliga necessariamente produttori – e soprattutto appassionati – ad attendere diversi anni di affinamento in bottiglia prima di approcciarvisi con la benché minima speranza di uscirne con le ossa intatte.


Come poi accaduto in altre realtà vitivinicole nostrane, anche in questa denominazione nel corso degli anni ci sono state evoluzioni stilistiche che con l’obiettivo di seguire maggiormente il gusto internazionale hanno raggiunto l’obiettivo a rendere più “mansueto” il Sagrantino di Montefalco.

Questo è stato possibile mediante l’introduzione della barrique e con un’estrazione polifenolica più accurata, fattori che hanno reso i vini più bevibili nell’immediato pur non snaturando più di tanto gli aspetti che caratterizzano e rendono riconoscibile questo vitigno.

Tale ammodernamento ha pertanto portato risultati a mio avviso molto lusinghieri, sia in termini di qualità del prodotto che di appeal e riconoscibilità del vino in ambito internazionale, al punto che da qualche anno diversi produttori hanno incominciato a produrre differenti etichette di questo vino, in cui in genere ad uno di stile più classico e rigoroso viene affiancato uno con un taglio più moderno e maggiormente godibile fin dalla giovane età.

Personalmente - nonostante sia di base un “tradizionalista” - ritengo che un vitigno estremo come il Sagrantino non possa che ottenere benefici da un affinamento in barrique piuttosto che in botte grande, e che quindi questo ammodernamento stilistico abbia nel complesso portato più luci che ombre alla denominazione.

Questo almeno in linea generale, anche perché poi ci possono essere situazioni di partenza particolari (ad esempio vigneti molto avanti con l’età o particolarmente vocati) oppure abilità “straordinarie” di alcuni produttori in grado di dar luogo a vini di eccelsa qualità attraverso uno stile più classico e pur senza dover attendere il “canonico” decennio prima di berli.


Bonus Track: 3 etichette da non perdere


Sagrantino di Montefalco 25 Anni – Arnaldo Caprai. Per un viaggio alla scoperta di questo vitigno non si può che partire da qui. L’etichetta che più di ogni altra ha messo Montefalco all’interno della cartina del vino che conta. Classico, austero, a volte intrattabile in età giovanile, ma dall’eccezionale longevità e sempre più complesso con il passare degli anni. Un “must have” assoluto della denominazione

Sagrantino di Montefalco Colleallodole – Milziade Antano. Azienda sita a Bevagna. Vino di grande classicità ed emblema della tradizione anche se dai numeri decisamente più ridotti, che alla proverbiale potenza e concentrazione di questo vitigno unisce un tocco rustico – quasi contadino – in grado di renderlo estremamente riconoscibile ed apprezzato

Sagrantino di Montefalco Campo alla Cerqua – Giampiero Tabarrini. Altra etichetta dai piccoli numeri ma dalla grandissima qualità. Elegante e profondo come pochi altri vini di questa zona, con una spiccata matrice minerale e grande bevibilità, pur senza per questo perdere i caratteri identitari del vitigno.


Commenti

  1. Bellissimo articolo, hai dato luce ad una zona che spesso viene lasciata in ombra donandole la giusta attenzione che un re vitigno come il sagrantino meritava, complimenti!👏🏻

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    1. Ti ringrazio carissimo Alessio. Montefalco ed il Sagrantino meritano attenzione, anche perchè sarebbe finalmente ora di uscire dagli stereotipi e dalle mode, ricominciando a valutare quello che c'è nel bicchiere piuttosto che prendere come dogmi tante belle chiacchiere di critici o guru del vino. Ho sentito tanta gente - anche appassionati o sedicenti tali - affermare "sono anni che non bevo un Sagrantino", come se questo significasse l'essersi finalmente depurati da chissa quale malattia. Probabilmente è questo un territorio che più di altri ha pagato l'evoluzione del gusto internazionale, che specie in questi ultimi anni sta prediligendo vini più leggeri e bevibili piuttosti che vini poderosi e "muscolari". Il Sagrantino, però, a differenza di altre tipologie che col tempo sono state plasmate per seguire mode precedenti è un vino naturalmente ricco e poderoso, e per queste sue caratteristiche deve essere valorizzato ed anche apprezzato, fermo restando che un limitato "ammorbidimento" dei suoi tannini non può che aver portato che benefici alla qualità ed alla beva del prodotto.

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    2. Sono d’accordo , come hai detto troppi winemaker hanno buttato via la loro filosofia per seguire le mode di un vino più “beverino”, il vero appassionato beve sagrantino per le sue caratteristiche non perché deve accontentare il pubblico, figurarsi un produttore che scende a patti, possono essere di minimo impatto come per la barrique ma non si dovrà mai trasformare un vino, ancora complimenti

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  2. Complimenti per l'articolo sempre molto dettagliato e arricchito con la passione. Sono d'accordo anch'io con il fatto di usare la barrique se può essere migliorativa e comunque adatta a un vitigno austero.
    In cantina mi aspetta un Colpetrone tenuta del Cerro del 2011. Sinceramente mi manca ancora tanto studio pratico per fare un po' di confronti sulle varie zone ed espressioni del sagrantino.

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    1. Ciao cara @silviawinestudy. Innanzitutto grazie per averci voluto leggere e commentare. Il Sagrantino è a mio avviso un vino di difficile lettura, che anche dopo qualche annetto di assaggi alcune volte sorprende ma spesso delude. Anche perchè a differenza di altri (anche di egual potenza) non sa generalmente ammaliarti con profumi suadenti o con una fase gustativa "furbetta". Per questo è di fondamentale importanza - al fine di esserne soddisfatti - coglierlo in una fase in cui il tannino è integrato nella struttura, altrimenti finisce con l'essere un corpo etraneo al vino, in grado però di disturbare (non poco) la bevuta.

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  3. Bravo Alessio, lettura bellissima di questa zona che conosco veramente molto bene. Sono spesso a Spoleto per ragioni familiari e mi ritrovo completamente con quello che hai scritto. Nella mia cantina non manca mai il Sagrantino di Antano ed effettivamente, nella sua purezza, il vino è scontroso e ribelle e necessita di tempo per ingentilirsi. Bene l’utilizzo saggio della botte ma spero che questo non porti a derive identitarie come è successo con il Raboso Piave. Il ricordo più bello del Sagrantino che ho è di una versione passita del parroco di Eggi tanti ma tanti anni fa ...

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    1. Ciao Davide! Sono contento che anche stavolta ci troviamo allineati su Milziade Antano, un'azienda "contadina" ma al tempo stesso di qualità eccelsa, specie con il Sagrantino Colleallodole. Per il resto, concordo anche sul discorno del legno, che deve evidentemente ingentilire un pò un vitigno tendenzialmente austero e scontroso, senza però cambiarne i connotati. Anche perchè, se così fosse, tanto varrebbe bere un altro vino, tendenzialmente più mansueto e ruffiano di un Sagrantino. Grazie di averci letto e commentato. Un caro saluto Agostino

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  4. complimenti per l'articolo . principalmente per la passione dimostrata con le parole.
    Non conosco Montefalco di persona. La mia prima esperienza con il Sagrantino (tanto tempo fa) era strana e non quello che mi aspettavo (come a detto tu ,mi è causato stranezza) era proprio un Caprai.
    Mi sono cambiato idea quando ho assaggiato un PERTICAIA. Stupendo !!! (in barrique).
    adesso voglio provare quelli che ci ha consigliato. per la descrizione saranno buoni.
    abbraccio @bra.vino

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    1. Ciao caro bra.vino! come dicevo prima il Sagrantino è tra i vini più indecifrabili ed enigmatici in assoluto, perchè basta berlo un mese prima o dopo che cambia completamente. Se i tannini non sono integrati nella struttura, non c'è nulla da fare, ed è pressochè imbevibile. Non è per fare pubblicità a nessuno, ma lo stesso vino che non ti era piaciuto (di Caprai) molto probabilmente bevuto qualche anno dopo sarebbe stato una bomba. Per il resto, se ti riesce prova i "miei consigli", e fammi sapere! Un caro saluto e...alla prossima!

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  5. Bell'articolo, complimenti! Già avevo pensato di provare Antano o Caprai, a questo punto aggiungo anche il tuo terzo consiglio! Grazie!

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    1. Ciao cara Bingasommelier. Se ti riesce non farti scappare il Campo alla Cerqua. Provalo è fammi/facci sapere cosa ne pensi. Una salutone e grazie di cuore per averci voluto leggere e commentare. Alla prossima!

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  6. Che dire, uno scorcio essenziale ma centratissimo sul Sagrantino. Raccontato con precisione tecnica ma anche molta passione. E' il primo articolo dove ti leggo ma a questo punto farò l'en plein'. complimenti sinceri.

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    1. Salute caro Max! Grazie per i complimenti! Fanno piacere e sono anche un ulteriore sprone a migliorare. Per il resto, sono contento ti sia piaciuto, e ti invito a continuare a seguirci ed a commentari. Se posso, ti consiglio i precedenti post di approfondimento sui "miei territori del vino". Fammi sapere cosa ne pensi!

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  7. Amo il Sagrantino in tutte le sue sfaccettature. Grande Caprai! Segalo tra gli altri anche il Perticaia.

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    1. Salute carissimo Andrea! Perticaia grande azienda, soprattutto nel rapporto qualità prezzo. Probabilmente il miglior Sagrantino nella fascia a ridosso dei 20€. Grazie mille per averci seguito e commentato!

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  8. Article intéressant. En France, cette appellation n'est pas très connue, et c'est dommage. Personnellement, j'aime bien. C'est un sommelier de Rome qui m'a fait découvrir cette appellation.

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    1. Ciao caro Yves! Concordo sul fatto che questo vino fuori dall'Italia sia poco conosciuto, ma considerando la qualità meriterebbe decisamente di più! Un caro saluto e grazie mille per averci seguito e commentato!

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