Fontalloro, l'essenza del Sangiovese di Castelnuovo Berardenga

Se mi chiedessero un aggettivo – uno soltanto – che senza eccezione alcuna identifichi ogni grande vino degno di questo nome ed al di là del suo valore assoluto, a mio giudizio sarebbe TERRITORIALE, inteso come “espressione pura ed autentica del terroir da cui questo prende vita”.

Infatti, rimanendo in Italia – quindi senza sconfinare in casa dei nostri amati/disprezzati cugini d’Oltralpe, verso zone in cui il concetto di terroir trova la sua assoluta sublimazione – credo che nessuno potrebbe obiettare sul fatto che il Barolo Riserva Monfortino incarni l’essenza dei vini di Serralunga d’Alba, o che il Pergole Torte rappresenti simbioticamente i caratteri del Sangiovese di Radda, oppure che il Taurasi Riserva di Mastroberardino esprima in maniera viscerale l’anima dell’Aglianico di Montemarano.

E di esempi, in tal proposito, potremmo farne tantissimi, anche nei confronti di territori divenuti celebri utilizzando vitigni internazionali, ma comunque grandi in ragione della capacità di esprimere in bottiglia dei caratteri e delle sfumature uniche, quindi non riproducibili al di fuori dell’area stessa.

Ecco, ogni grande territorio ha – almeno – un vino bandiera, un’etichetta capace di ricondurre in sé l’anima e lo spirito del luogo d’origine, quello che i romani chiamavano “genius loci”.

E se penso a Castelnuovo Berardegna, patria del Sangiovese chiantigiano più solare, materico e strutturato – per molteplici aspetti il più vicino a quello di Montalcino – l’aggettivo “territoriale”, con tutto quello che ne deriva, non potrei che associarlo al Fontalloro di Fattoria Felsina.

Un’etichetta nata nel 1983 dal lavoro e dalla visione di Giuseppe Mazzocolin (genero del fondatore dell’azienda Domenico Poggiali), coadiuvato dal talento enologico di Franco Bernabei, un Sangiovese in purezza che prende vita dalle uve di tre vigneti vicini dal punto di vista geografico ma diversi per zonazione e geologia: uno (Deposito, poi ribattezzato Fontalloro) all’estremo sud dell’areale del Chianti Classico e caratterizzato dalla presenza di rocce, calcare ed argille, gli altri due (Arcidossino e Casalino) all’interno del territorio delle Crete Senesi, in cui a predominare sono invece sabbie e limo.

Per tale motivo, anche dopo la modifica del disciplinare – che permette al giorno d’oggi di produrre Chianti Classico anche da 100% Sangiovese, andando “oltre” la secolare ed antiquata ricetta del Barone Bettino Ricasoli – il Fontalloro (nato come Vino da Tavola ed in seguito divenuto Toscana IGT) anche qualora volesse non potrebbe comunque fregiarsi della DOCG del Gallo Nero.

Ma al di là di questo piccolo e marginale aspetto normativo, rimane un vino illuminante – se non proprio didattico – per descrivere e raccontare il Sangiovese di Castelnuovo: possente, orizzontale, godurioso, dal carattere fruttato più marcato (quantomeno in gioventù) rispetto al corredo floreale ma non per questo più facile o immediato. Anzi, molto complesso e profondo, oltre che quasi sempre necessitante di anni di riposo in bottiglia per esprimere il potenziale nella sua interezza.

Tutte caratteristiche che, come del resto mi attendevo, ho ritrovato qualche sera fa, quando ho avuto la fortuna di confrontarmi con l’assaggio della versione 2011.

Un Fontalloro figlio di un’annata di media gittata, buona ma non certo ricordata come memorabile, ma capace – a distanza di poco più di un decennio – di avvicinarsi al suo apice evolutivo e quindi di esprimere il suo meglio, regalando un assaggio di grande ricchezza, intensità ed armonia.

Un rosso che adoro, un Sangiovese che non mi ha praticamente mai deluso e che non mi stancherei mai di bere.

Fontalloro Toscana IGT 2011

Giudizio personale: 95/100

Uvaggio: 100% Sangiovese

Affinamento: 20 mesi in barrique (nuove o di secondo passaggio)

Fascia di prezzo: 35-40€

 

DEGUSTAZIONE

👀 Granato, molto intenso in relazione al vitigno anche se luminoso, piuttosto denso

👃Maturo ma non evoluto, molto intenso, di buona finezza ed ottima complessità, oltre che dinamico con il tempo. Piuttosto speziato (pepe, chiodi di garofano, ginepro) nella fase iniziale, arricchito da note di fiori essiccati, sottobosco, smalto e terre nobili. Con il trascorrere dei minuti emerge il frutto scuro, il tabacco dolce e un delicato rimando balsamico/mentolato ad arricchire ulteriormente il profilo.

👄Corposo, più largo che verticale, ricco e strutturato ma al tempo stesso piacevolissimo ed armonioso in tutte le sue componenti. Acidità quasi inalterata dal trascorrere del tempo, leggera sapidità che aiuta a ravvivare il sorso, tannino importante ma maturo e di ottima texture, componente alcolica (14.5%) perfettamente integrata nella struttura. Persistenza eccellente, finale solido appena un filo troppo amaricante (forse unico piccolissimo neo all’interno di una “prestazione da ricordare”)

Commenti

  1. Descrizione della degustazione ineccepibile. Grazie. Bianca

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  2. Un articolo completo ricco ed esaustivo che unisce analisi storia eemozioni: l’essenza del raccontare il vino come il fontalloro racconta il sangiovese

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