La nostra iniziazione alla grande cucina: Ristorante D’O

"Siamo cuochi, mettiamocelo in testa. Il nostro compito è nutrire, nel modo migliore che possiamo e facendo sì che chi è seduto alla nostra tavola si senta benvenuto e accudito e torni a casa felice per come ha mangiato. E che, prima ancora di essere andato via, abbia voglia di tornare a trovarci. Insomma, che ancora prima di chiudersi alle spalle la nostra porta senta già un po’ di nostalgia.”
(Davide Oldani, dal sito del ristorante  D'O)

Ristorante D'O - vista della piazza di San Pietro dell'Olmo

Ci sono esperienze che lasciano il segno, momenti che ci restano dentro e da cui non si può tornare indietro.
Per noi, da sempre amanti ed appassionati del buon cibo, l’iniziazione con la grande cucina è coincisa con il pranzo presso il ristorante D’O, la casa ma al tempo stesso il regno dello chef Davide Oldani.

Anche se non è un’esperienza di questi giorni (e come potrebbe, dato il momento...), essendo ormai trascorso più o meno un anno - spesse volte ci tornano in mente gli episodi vissuti quel giorno e soprattutto i meravigliosi piatti assaggiati.
Per questo motivo, c’è sembrato d’obbligo scrivere il primo post in materia culinaria partendo da quello che ad oggi per noi rappresenta un modello di eccellenza, un riferimento, anche in virtù di un’attenzione (per non dire onestà…) nei prezzi davvero poco comune nella ristorazione stellata.
La posata “totale”
Situato a Cornaredo – sua città di origine - nella piazza centrale del piccolo e caratteristico borgo di San Pietro all’Olmo, fin dall’ingresso fa subito capire lo stile sobrio e la filosofia dello Chef.
Niente lustrini ed inutili orpelli, tutto quello che si vede – dall’arredo del locale passando per lo stile dei tavoli fino ad arrivare all’apparecchiatura (con la posata “totale”, al tempo stesso coltello, forchetta e cucchiaio) - è minimale ma al tempo stesso di disarmante precisione e funzionalità.
Anche il servizio è in pendant con il resto: perfetto senza essere invadente ed ossessivo, esauriente nelle spiegazioni senza risultare pomposo e prolisso.

I piatti, poi, semplicemente indimenticabili.
Sobri, equilibrati e riservati come lo chef ma con dentro il suo cuore, la sua storia personale e quel talento che l’ha portato negli anni – anche a prezzo di grandi sacrifici personali ed economici – a divenire uno dei più affermati protagonisti della nostra ristorazione. Un’esplosione gustativa senza fine, un godimento per gli occhi ma soprattutto per il palato.
La sua è una cucina che vive sulla ricerca dell’equilibrio e dell’armonia dei contrasti: caldo-freddo, dolce-salato, morbido-croccante. Inoltre, è una cucina stellata ma al tempo stesso popolare, perché utilizza materie prime appartenenti alla nostra tradizione ed apparentemente povere (o comunque meno pregiate di altre) ma fuse con impareggiabile maestria, creando piccoli capolavori di gusto.

Come dimenticare la “cipolla caramellata”, suo vero e proprio cavallo di battaglia, un piatto che vale da solo il viaggio. Per noi è una portata che trascende i sensi, uscendo anche dagli schemi stessi della cucina. A livello di percorso è proposto come antipasto, ma per la ricchezza e la forza che dimostra potrebbe essere benissimo un secondo, mentre per alcune sue sfumature gustative potrebbe addirittura far pensare ad un dessert. 


Oppure lo stratosferico risotto al marsala, pepe nero e pane, un capolavoro di gusto ed equilibrio sensoriale, che avremmo potuto mangiare fino allo sfinimento senza mai esserne sazi.

Ma anche attraverso il suo cotechino, piatto che in generale non amiamo e che – probabilmente – è stato quello che meno ci ha colpito. Ci ha fatto capire che anche un prodotto semplice, popolare e per certi versi “ruspante”, se trattato con rispetto e sapienza può divenire un piccolo principe.

Un grande ristorante, una bella persona, una meravigliosa esperienza pop.


Ristorante D’O
Piazza della Chiesa, 14
San Pietro all'Olmo, Cornaredo (MI)

Commenti