Io Vino 2022, viaggio alla scoperta dei vini di Marche e Campania



Domenica appena trascorsa, all’interno della cornice dell’Hotel Ergife a Roma, si è tenuta la quinta edizione di Io Vino, evento organizzato da Manilo Frattari e Romina Lombardi ed incentrato sui vini provenienti da uve autocnone di Marche e Campania.

Due regioni di solido e comprovato valore in ambito vitivinicolo (sia in un’ottica di volumi complessivi che di vette qualitative), ma che per svariati motivi né fanno pienamente parte della nobiltà del nostro enomondo né comprendono territori che negli ultimi anni stanno vivendo riscoperte o interessamenti particolari da parte di critica ed appassionati.

Al tempo stesso, però, due regioni all’interno delle quali anno dopo anno stanno sempre più emergendo nuove generazioni di produttori che pur senza disconoscere le tradizioni e le esperienze provenienti dal passato stanno sempre più acquisendo consapevolezza della materia prima che si ritrovano tra le mani, lavorando in un’ottica di attualizzazione di un prodotto capace di essere godibile fin dal momento di uscita sul mercato pur mantenendo inalterate le proprie caratteristiche peculiari ed identitarie.

Tantissime le aziende presenti (più o meno un centinaio), per la quasi totalità rappresentate dagli stessi produttori ed ognuna delle quali “raccontate” attraverso uno svariato numero di etichette, con in più due “bonus”, il primo dovuto alla partecipazione di alcune realtà provenienti da altre regioni italiane, il secondo alla presenza di una delegazione dei “garagisti” italiani.

Al tempo stesso, molto numerosi gli assaggi che ho avuto la possibilità di fare, naturalmente accompagnate da nutriti e proficui scambi di opinioni ed impressioni con gli stessi produttori.

Ad essere sincero non ci sono stati vini “WOW”, quelli capaci di farti battere il cuore a ritmo accelerato o di farti sobbalzare sulla sedia (anche perché parliamo di due tra le regioni che maggiormente conosco e che ho modo di approfondire nel corso dell’anno), ma al tempo stesso ho avuto modo di registrare una qualità media del prodotto sempre più alta, oltre che – aspetto per certi versi ancora più importante, perché indicante una crescita tecnica dei produttori – quasi totalmente esente da difetti di ogni ordine e grado.

Di seguito, la mia personale Top-Five della manifestazione:

 

5) Coste Taurasi DOCG 2015 – Contrade di Taurasi (90/100)

100% Aglianico – Viti di circa 40 anni d’età provenienti dall’omonimo vigneto e site su terreni di medio impasto calcarei limosi e argillosi a 300-320 metri di altitudine. Resa di 40q/he, fermentazione con macerazione sulle bucce per 30 giorni in acciaio e botte grande, affinamento di 24 mesi in botti da 50-60Hl.

Amo il Taurasi, specie se con qualche anno – se non proprio decennio – sulle spalle e quando è espressione coerente del terroir da cui si origina. Nell’occasione non ho trovato picchi di eccellenza, ma “soltanto” alcune buone espressioni, all’interno delle quali emerge questo cru prodotto dalla famiglia Lonardo. Rubino integro, intenso e di media densità. Naso non intensissimo ma fine e dinamico, giocato su note di ciliegia, prugna, eucalipto e da un ricordo di cioccolato che emerge con il trascorrere del tempo nel bicchiere. Bocca corposa, non particolarmente ampia ma di buona verticalità e freschezza. Tannino integrato, buona persistenza, finale su note balsamiche ed amarognole.


4) Ergo Sum Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva DOC 2016 – Mirizzi (90/100)

100% Verdicchio – Uve provenienti da un singolo vigneto caratterizzato da forte pendenza e da un terreno ricco di marne arenarie gialle di consistenza sabbiose. Fermentazione lenta a temperatura controllata, affinamento di 12 mesi in cemento nel cosiddetto “Uovo di Nomblot” seguito da ulteriori 48 mesi in bottiglia.

Etichetta che rappresenta il vertice qualitativo della gamma aziendale, nonché uno dei bianchi di maggiore ricerca dell’intero panorama marchigiano. Il prezzo (intorno agli 80 euro) riconosco possa spaventare – oltre che essere abbastanza fuori scala - ma di lavoro dietro ce n’è davvero parecchio. Paglierino carico, luminoso e di buona consistenza. Naso definito ed abbastanza intenso, caratterizzato da note di ginestra, prugna gialla, con una leggera nuance speziata che ricorda lo zafferano ed un sottofondo sulfureo/idrocarburico che comincia a fare capolino all’interno del profilo. Bocca coerente, corposa ma al tempo verticale ed elegante, con acidità praticamente inalterata, componente alcolica (15°!!!) perfettamente integrata nella struttura e bella persistenza minerale ad accompagnare un finale marcato da note di frutta gialla matura.

 

3) Aiperti Vadiaperti Fiano di Avellino DOCG 2019 – Traerte (91/100)

100% Fiano – Vigneti di oltre 35 anni di età siti a Montefredane, ad una altezza di 380-400 m. slm., su terreno argilloso, perfettamente esposti a Sud-Est. Prodotto solo nelle annate migliori. Affinamento di diversi mesi sulle fecce in acciaio.

Fiera e sincera espressione di quello che i migliori Fiano di Avellino sanno regalare nel bicchiere, per di più in un’annata considerata fredda e piovosa ma al tempo stesso capace di conservare l’eleganza e la profondità che questa denominazione possiede come poche altre nel panorama bianchista italiano. Paglierino vergato da riflessi verdognoli, mediamente intenso e denso. Naso ottimo, fine e complesso, di quelli che staresti ad “ascoltare” per interi minuti. Balsamico, leggera traccia gessoso/minerale, noce, floreale, frutta bianca in sottofondo. Bocca di medio corpo, diretta e verticale, succosa e piacevole nonostante l’importante acidità e ravvivata da una delicata ma ininterrotta vena sapida. Buona persistenza, finale coerente al resto dell’assaggio.


2) Fiorduva Furore Bianco Costa D’Amalfi DOC 2019 – Marisa Cuomo (92/100)

40% Ripoli, 30% Fenile 30% Ginestra – Terreni composti da rocce calcareo/dolomitiche posti su terrazzamenti costieri a 200-250m di altitudine. Resa di 60q/he, fermentazione ed affinamento sui lieviti per alcuni mesi in barrique di rovere.

Vera e propria icona enologica della Costiera Amalfitana, un bianco da viticoltura eroica di cui si è detto e scritto tantissimo, e che personalmente – nel corso degli anni – ha riservato al sottoscritto diverse esperienze da ricordare ma anche alcune delusioni. Questa 2019, in linea con i più recenti assaggi, rientra senza dubbio nella prima categoria: un perfetto mix tra calore mediterraneo ed eleganza “nordica”. Paglierino appena segnato da riflessi dorati. Naso canonico, di buona intensità e finezza, giocato sulle tipiche note di ginestra, pesca noce, susina, minerali e di erbe aromatiche. Bocca ricca ed armonica nonostante la giovane età, calda e salina al tempo stesso. Finale molto lungo su rimandi agrumati ed arricchito da nuances dolci dovute probabilmente all’affinamento in legno.

 

1) Posaù Rosese di Dolceacqua DOC 2020 – Maccario Dringenberg (93/100)

100% Rossese - Viti di circa 60 anni di età provenienti dall'omonimo vigneto di circa un ettaro e poggiante su terreno marno-arenario, sabbioso e ricco di silice, situiato a circa 300 m di altitudine e caratterizzato da esposizione Sud-Est, oltre che da accentuata pendenza. Vinificazione trdizionale con lieviti indigeni, macerazione lenta a temperatura controllata, affinamento di 12 mesi in acciaio.

Ammetto il grande interesse, se non proprio l’amore, per i vini di Giovanna Maccario e Goetz Dringenberg, che anche in questa occasione si ergono su livelli prossimi all’eccellenza, dimostrando una costanza qualitativa con pochi eguali nell’intero stivale enoico. All’interna della batteria presentata per l’occasione, a convincermi maggiormente è stato il Cru Posaù. Rubino integro, non particolarmente consistente, molto luminoso. Naso elegantissimo, espressivo, fine e sfaccettato. Frutti rossi (ribes, more, fragoline di bosco), macchia mediterranea, fiori secchi, thè, oltre ad una nota che rimanda al tabacco dolce. Bocca di medio corpo, succosa ed equilibrata, dal tannino cesellato e con una bella scia minerale che accompagna il lungo finale, in cui un ricordo di caramella alla fragola emerge in maniera evidente con il trascorrere del tempo.


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