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Visualizzazione dei post da novembre, 2020

I solfiti nel vino: problema reale o pura percezione?

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Da un po’ di tempo, causa i motivi ormai noti anche ai sassi, manco da eventi vinosi e degustazioni varie, ma ogni qualvolta che vi ho partecipato – in un passato più o meno recente – uno degli argomenti più gettonati e ricorrenti ai banchi di assaggio è stato senza dubbio quello dei solfiti. Un argomento da tempo al centro del dibattito enoico, ma che in occasioni di eventi “del settore” (Vignaioli Naturali e Vinnatur, per citarne un paio..) è in grado di raggiungere vette per me impensabili, al punto che più volte ascoltando dibattiti e discussioni a dir poco surreali mi è venuto da pensare che un sacco di gente, più che godersi il vino ed apprezzarne (o meno) le qualità, fosse più interessato a sapere l’esatta quantità di solforosa presente nelle etichette che beveva. D’accordo, mi piace scherzare e ridere di certi atteggiamenti al limite della psichiatria umana, ma tornando seri e soprattutto prima di prendere posizione in merito credo sia importante fare un po’ di chiarezza su

Sulphites in wine: real problem or pure perception?

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Since, due to the reasons known to everybody, I miss from wine events and various tastings, but every time I have participated, one of the most popular and recurring topics at the counters of taste was undoubtedly that of the sulphites. A topic that has long been on the center of the enoic debate (above all European), but which during any "sector" events (for example Vignaioli Naturali or Vinnatur) is able to reach unthinkable peaks. To the point that several times listening to debates and discussions almost surreal, I thinked that a lot of people, rather than enjoying wine and appreciating (or not) its qualities, were more interested in knowing the exact quantity of sulfur present in the labels they drank. Okay, I like to joke and laugh at certain attitudes near to human psychiatry, but returning serious and above all before taking a position on the matter, I think it is important to clarify the subject. Also because if you don’t focus on the issue, you end up making

Chateau Ferran ed i tannini vellutati del Bordeaux

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Nel vino, così come nella vita di tutti i giorni, generalizzare è di norma sbagliato, e spesso finisce anche per divenire pericoloso. Però, mantenendo la “generalizzazione” ad un livello ludico, mi piace associare ad ogni denominazione un aspetto tipologico che più ogni altro la caratterizza, e che ritrovo più o meno in ogni mio assaggio. Ad esempio, la freschezza ed il grip dinamico che ogni volta riscontro nel Taurasi, o il tocco rustico che non manca mai nel Montepulciano d’Abruzzo (anche nelle sue versioni migliori), oppure la nota ferrosa/sanguigna tipica del Brunello con qualche anno sulle spalle. Nei vini di Bordeaux, che apprezzo e non poco – anche se di norma sono un “campanilista” che oltre tutto non ama particolarmente i blend – nonostante si parla di un’area estremamente ampia e variegata (con vette di assoluta eccellenza ma con anche con etichette spesse volte “dozzinali”) la caratteristica che ritrovo nella quasi totalità dei casi è la finezza del tannino. Un tannin